È l'antico Iapygium promontorium, l'estrema punta del tallone d'Italia, formato da una scogliera che si protende in mare con la punta Mèliso. La tradizione vuole che proprio qui sbarcò S. Pietro, giunto dall'Oriente per evangelizzare il nostro Paese: la leggenda racconta che l'apostolo rimase tanto colpito dal fascino del luogo da volere che ogni buon cristiano vi passasse almeno una volta - durante la vita terrena o sotto forma di spirito - prima di accedere al paradiso.<br>Un'alta colonna dal capitello corinzio, eretta nel 1694, indica il luogo in cui Pietro avrebbe cominciato la sua predicazione, mentre una croce in pietra ricorda il pellegrinaggio giubilare del 1900. Ma, come spesso avviene nelle estreme propaggini che si prolungano nel mare come ponti gettati verso l'infinito, anche questo roccioso promontorio fu un luogo sacro fin dall'antichità. Vi sorgeva infatti un importante tempio romano dedicato a Minerva, ricordato dallo storico Strabone. Al suo posto si trova oggi il santuario di S. Maria di Leuca, chiamato anche, per la sua posizione a un 'margine estremo del mondo', santuario de Finibus Terrae. Anche se barocco è l'aspetto attuale dell'edificio, più volte distrutto dai turchi e ricostruito nel 1720-22, con una facciata aggiunta nel 1926, si deve forse a S. Pietro la sua prima consacrazione. Luogo di devozione mariana e di pellegrinaggio (suggestiva la processione in mare che si tiene il 15 agosto), nel 1990 il santuario è stato elevato da papa Giovanni Paolo II al rango di Basilica pontificia minore. Dal 2000 tre nuovi portali bronzei, opera di A. Marrocco, ornano gli accessi. Particolarmente venerata, all'altare maggiore, è un'immagine della Madonna, copia di un dipinto di Palma il Giovane. Sulla scogliera di punta Mèliso svetta un bianco faro, alto 47 metri; dal piazzale del santuario una lunga e monumentale scalinata scende al porto di Marina di Leuca.