Quasi un naturale 'ponte' verso l'altra sponda dell'Adriatico, è il punto del territorio italiano più vicino all'Albania, tanto che, con il cielo limpido, si riconoscono l'isoletta di Sàseno, le sagome lontane dei monti Acroceràuni e, più a destra, il profilo dell'isola greca di Fanò. Sulla costa si scorgono i resti della cilindrica torre del Serpe, di origine romana ma ricostruita da Federico II. Simbolo di Otranto, la torre compare anche nello stemma civico, avvolta da un gigantesco serpente in ricordo di un'antica leggenda: un mostro marino saliva ogni notte dai flutti per succhiare l'olio del fanale di segnalazione, provocando così il naufragio di numerose navi. Punta Palascìa indica il punto più orientale del capo, promontorio roccioso coperto di magre praterie, su cui si erge un faro. Dalla strada costiera si stacca – 4 km a sud di Otranto, poco prima della base dell'aeronautica militare - un viale alberato che conduce ai ruderi dell'abbazia di S. Nicola di Càsole (non visitabile), importante cenobio basiliano, fondato nel 1099 da Boemondo d'Altavilla, principe di Taranto e di Antiochia, e distrutto dai turchi nel 1480. Fulcro dei contatti diplomatici tra l'impero d'Oriente e la Chiesa romana, l'abbazia fu anche un rinomato centro di diffusione della cultura bizantina, grazie ai suoi monaci che si dedicavano allo studio, alla traduzione e alla trascrizione di antichissimi testi sacri.<br>Restano, inglobate in una masseria, le rovine della chiesa abbaziale, ricostruita nel XII secolo, con imponenti navate scandite da pilastri polistili.