L’origine araba del mercato è già scritta nel nome: provenivano da Balhara, un villaggio musulmano nei pressi di Monreale, i venditori che con le loro mercanzie occupavano l’area oltre il fiume Kemonia. Siamo nel cuore dell’Albergheria, uno dei quartieri più poveri e degradati della città, in cui la vita si svolge per strada, nei bar e nelle taverne. Il mercato si estende tra via Casa Professa, via Ballarò e piazza del Carmine. È preferibile visitarlo nella prima parte della giornata, magari programmando di pranzare in loco, approfittando delle numerose offerte di ‘cibo di strada’. Ballarò è sempre stato un mercato alimentare – di grascia, come si dice in palermitano – e ancora oggi è il posto ideale dove acquistare spezie e frutta secca. Ma è anche il posto giusto per chi abbia voglia di provare i prodotti alimentari del Ghana, della Nigeria, del Senegal. Indiani e africani sono di casa, anche grazie alla efficiente presenza di un centro di accoglienza gestito dall’oratorio dei Salesiani della chiesa di S. Chiara, il cui interno ospita interessanti decorazioni settecentesche (il portone è quasi sempre chiuso, ma si può chiedere di visitarla passando dall’oratorio). Nel cuore di Ballarò, ben segnalato, si trova vicolo conte Cagliostro, ovvero Giuseppe Balsamo, il celebre alchimista protagonista di rocambolesche avventure in giro per l’Europa nella seconda metà del ’700. Oggi, in quella che la tradizione vuole fosse la sua casa natale, si trova un bed&breakfast. Un bel colpo d’occhio sul mercato lo si ha se si chiede al parroco della chiesa di S. Nicolò all’Albergheria di poter salire in cima al campanile adiacente, una torre trecentesca in conci di tufo e belle bifore. La cupola maiolicata, una delle più scenografiche del barocco siciliano, che accompagna la passeggiata per Ballarò è quella del complesso monumentale della chiesa del Carmine.