Carbonia, oltre a essere il centro più popoloso del Sulcis-Iglesiente, fornisce un interessante esempio di ‘città nuova’, interamente progettata. Fu costruita, infatti, nel 1937-38 in seguito all’impulso dato alle miniere di carbone dalla politica autarchica dello Stato fascista, a sua volta indotta anche dalle «Sanzioni» applicate all’Italia dalla Società delle Nazioni, nel 1935, in seguito alla guerra d’aggressione all’Etiopia. Costò intorno ai 325 milioni di lire. Agli anni di sviluppo e di ripresa dopo la stasi bellica, seguì la profonda crisi dell’attività estrattiva degli anni Settanta, con la chiusura delle miniere carbonifere e la conseguente brusca recessione demografica. La reazione si ebbe sia con il nuovo discorso industriale avviato nel vicino Portovesme (impianti metallurgici di piombo-zinco-alluminio, carpenteria meccanica, energia), sia con la ricerca di nuovi equilibri economici nel settore commerciale, nell’artigianato e nei servizi, con effetti di dinamismo evidenti anche nella costruzione di nuovi quartieri. E in effetti l’aspetto urbanistico di Carbonia, divenuta vivace e moderna cittadina terziaria nonché polo di attrazione per i nuclei del circondario, è decisamente cambiato negli ultimi anni per l’integrarsi di programmi abitativi pubblici e privati.