La villa riassume, sia nell'architettura sia nell'eccezionale apparato decorativo interno, i principi di equilibrio, armonia e proporzione propri del classicismo romano del primo '500. Voluta dal banchiere senese Agostino Chigi, che affidò l'incarico al concittadino Baldassarre Peruzzi (1506-1510, con interventi protrattisi fino al 1520), decadde dopo la sua morte e passò ai Farnese, ai Borbone, all'ambasciatore Bermudez de Castro; nel 1884 l'apertura del lungotevere comportò la distruzione di parte dei giardini e della loggia sul fiume forse opera di Raffaello. Lo Stato italiano, divenutone proprietario nel 1927, ha eseguito a più riprese i restauri. Attualmente è sede di rappresentanza dell'Accademia nazionale dei Lincei e ospita il Gabinetto nazionale delle Stampe. È uno dei primi esempi di villa a blocco centrale, con loggia a cinque arcate, serrata tra due avancorpi laterali. Organicamente inserita nel verde, è articolata in superfici scandite da due ordini sovrapposti di paraste doriche coronate da un alto fregio scolpito a putti e festoni. La chiusura a vetrate delle arcate della loggia, necessaria per la protezione degli affreschi, ha modificato l'originaria percezione dei pieni e dei vuoti. Interno. Dall'atrio, creato nell'800, si passa nella loggia di Psiche: nella volta i celebri affreschi relativi alla favola di Psiche, tratta dall'«Asino d'Oro» di Apuleio, eseguiti su cartoni di Raffaello quasi interamente dagli allievi Giulio Romano, Giovanni Francesco Penni, Raffaellino del Colle e Giovanni da Udine, compiuti nel 1517 e ripassati da Carlo Maratta nel 1693-94. Dalla loggia si accede alla sala di Galatea, i cui archi aperti sul giardino furono chiusi nel 1650. I dipinti, in gran parte ritoccati nel 1863, sono stati restaurati nel 1969-73. Il soffitto del Peruzzi (c. 1511) si articola in spazi geometrici e si raccorda alle pareti; i temi mitologici e astrologici compongono l'oroscopo di Agostino Chigi; sulla parete grande, il celebre affresco di Raffaello (1513-14) mostra Galatea su un cocchio tirato da delfini, con le creature marine del corteggio. A sinistra di questa, Polifemo di Sebastiano del Piombo (1512-13), al quale si devono anche le lunette che rivelano il vivace cromatismo della cultura veneziana dell'artista e illustrano le «Metamorfosi» di Ovidio (1511-12); le grottesche delle paraste sono state riferite a Domenico Beccafumi; i paesaggi degli altri riquadri sono del 1650. Al piano superiore, il salone delle Prospettive, affrescato dal Peruzzi e da aiuti (1518-19), è interessante per l'impianto prospettico delle finte logge che affacciano su vedute di Roma; in questa sala tenne il banchetto nuziale Agostino Chigi nel 1519; alle nozze allude la decorazione della sala attigua, già camera da letto, affrescata dal Sodoma (1517) con le Nozze di Alessandro e Rossane e altri soggetti.