Da scoprire a poco a poco risalendo a piedi l’ultimo tratto di via della Cattedrale. Tra gli alberi compare prima la facciata di arenaria, poi l’elegante rosone gotico trecentesco e il portale, e infine, sulla sinistra, il massiccio campanile, simile a un torrione di difesa. L’insieme della facciata, a capanna, è asimmetrico: il portale è fuori asse rispetto al rosone e il vertice a sua volta fuori linea. Nulla di strano: S. Giusto è una ‘cattedrale-patchwork’ costruita, impiegando anche materiali di recupero di età romana, sull’area su cui sorgevano un’aula paleocristiana, forse distrutta dai longobardi nel 568, e, tre secoli dopo, due basiliche parallele affiancate da un battistero. La chiesa di sinistra, guardando la facciata, era dedicata all’Assunta e quella di destra al martire triestino S. Giusto. Agli inizi del XIV secolo i triestini vollero una nuova chiesa che simboleggiasse la comunità ma, non potendo permettersi di costruirla ex novo, decisero di abbattere la navata destra della chiesa dell’Assunta e quella sinistra di S. Giusto e di unire le due costruzioni con una nuova navata centrale. All’interno, la cattedrale sorprende, tra la selva di colonne, per la larghezza delle cinque navate. Le due absidi ai lati di quella centrale, che accoglievano gli altari maggiori delle chiese preesistenti, sono entrambe decorate da interessanti mosaici di scuola veneto-bizantina (XII-XIII sec.). La navata centrale, risistemata a già a metà dell’Ottocento con decorazioni in legno e quadri donati da Massimiliano d’Asburgo, è moderna, così come il catino absidale decorato da un mosaico dell’artista Guido Cadorin (1932). Dopo l’unione di Trieste all’Italia la presenza asburgica nella cattedrale fu reputata troppo ingombrante e, con il pretesto di un restauro, l’intero altare venne rifatto e i quadri riposti nei magazzini dei musei civici. Unico reperto superstite fu il magnifico lampadario in ferro battuto che sovrasta la navata centrale, fatto forgiare da Massimiliano per la Sala del trono del suo castello e poi donato alla cattedrale prima di partire per il Messico. La cappella di destra più prossima alla zona absidale, detta cappella dei Borboni, coperta da un soffitto a botte e illuminata da un’elegante trifora, contiene le spoglie di Carlo V di Borbone, che tentò vanamente di conquistare il trono di Spagna occupato dalla nipote Isabella e nel 1848 si ritirò in esilio a Trieste, dove morì nel 1865. A sinistra dell’abside dell’ex chiesa dell’Assunta è conservato il tesoro della Cattedrale. Tra i pezzi più pregiati, un Crocifisso della confraternita dei Battuti, in legno ricoperto di lamine d’argento sbalzato e dorato (metà del XIII secolo). Altro pezzo significativo è l’alabarda di S. Sergio, probabilmente un’arma da parata saracena o persiana giunta a Trieste ai tempi delle crociate, che si dice sia caduta dal cielo nel 303, quando in Siria fu decapitato Sergio, tribuno romano di origine triestina: la sua natura portentosa starebbe nel fatto che il suo metallo non subisce ossidazioni e non accetta dorature (in realtà ciò dipende dalle caratteristiche della lega metallica composta da acciaio indiano, ferro e platino). Dalla chiesa si accede al Battistero di S. Giovanni (1380), con vasca esagonale (sec. XI) utilizzata nei battesimi per immersione. Alle pareti sono esposti un Cristo tardogotico del XIV secolo e un coevo ciclo affreschi che illustra episodi della vita di S. Giovanni.