Per erigerla (nel 1584-97) i Gesuiti riutilizzarono la facciata in bugnato a punta di diamante del grande palazzo Sanseverino dei principi di Salerno (1470), secondo una prassi assai diffusa nella Napoli del tempo, data l'esiguità degli spazi edificabili nel centro storico e il divieto di costruire al di fuori delle mura. L'originaria, imponente cupola crollò per un terremoto nel 1688; rifatta e ancora pericolante, fu sostituita con una architettura a scodella nel 1786, dopo che, a partire dal 1771, anche il corpo della chiesa era stato rinforzato (contropilastri e sottarchi) su progetto di Ferdinando Fuga. Il portale barocco, con colonne e sfarzosi angeli sul timpano con lo stemma dei Gesuiti, "HIS”, ingloba quello rinascimentale del palazzo. Quasi tutti i più importanti marmorari, scultori e pittori attivi in città tra fine XVI e metà XIX secolo hanno lasciato traccia nel sontuoso rivestimento a marmi commessi, stucchi e affreschi di gusto naturalistico del grandioso interno barocco, il cui programma iconografico è volto alla celebrazione di una religiosità militante. Appena entrati si nota, sulla controfacciata, La cacciata di Eliodoro dal tempio di Francesco Solimena (1725), affresco dai toni cromatici brillanti e preziosi in cui l'artista rappresenta con una dinamicità quasi teatrale la scena della tentata profanazione del tempio di Salomone a Gerusalemme. Tra le altre preziose opere d'arte, spiccano I quattro evangelisti nei peducci della cupola, dell'emiliano Giovanni Lanfranco; gli affreschi del Corenzio, le tele di Luca Giordano, le sculture di Cosimo Fanzago nel cappellone di S. Francesco Saverio e ancora le forme ampie e imponenti dell'architettura e delle sculture (Davide e Geremia) dello stesso Fanzago nel cappellone di Sant'Ignazio, la cui vita è illustrata da Jusepe de Ribera nelle tele dell'altare. Interessante, come testimonianza del culto delle reliquie e del considerevole patrimonio reliquiario dei Gesuiti, la seconda cappella a sinistra, nella parete di fondo, dove sono custodite preziose stauroteche in legno dipinto del XVII e XVIII secolo, fra cui quella di Domenico Di Nardo in legno dorato con settanta sculture di santi.