Il museo occupa l’ex convento francescano di S. Croce, a destra della chiesa, e si articola intorno ai suoi due chiostri. Espone opere del complesso conventuale, e – soprattutto – include la cappella Pazzi.<br>La cappella Pazzi – che si staglia subito in fondo al primo chiostro, trecentesco – fu iniziata da Filippo Brunelleschi tra 1429 e 1430, per essere conclusa nella seconda metà del ’400. La facciata, l’unica lasciataci da Brunelleschi, è alleggerita da un portico a sei colonne corinzie, che sostengono un attico interrotto da un arco e scandito da lesene; sopra, una bassa cupola cilindrica.<br>Nel fregio dell’architrave ‘corrono’ teste di cherubini di Desiderio da Settignano; nella volta del portico, tondi e rosoncini in terracotta invetriata di Luca della Robbia.<br>Il portale ha stupendi battenti intagliati da Giuliano da Maiano (1472) ed è sovrastato da un tondo con S. Andrea anch’esso di Luca della Robbia.<br>L’interno è un gioiello dell’architettura rinascimentale, e richiama la Sagrestia vecchia di S. Lorenzo anche nel modulo di 20 braccia (un braccio equivale a 58 centimetri) che è sia diametro della cupola, sia misura dei lati del vano quadrato centrale.<br>Lungo i muri corre una panca in pietra, su cui si impostano le paraste corinzie che ritmano le pareti. Sul bianco dell’intonaco, la pietra serena disegna membrature di linee purissime e accoglie la vivacità anche cromatica di dodici tondi, tra i capolavori di Luca della Robbia, e dei medaglioni nei pennacchi della cupola, forse anche questi opera di Brunelleschi.<br>Dal chiostro si entra nell’ex refettorio trecentesco, e da questo in altri locali espositivi.<br>Si trova qui il grande e famoso Crocifisso di Cimabue, il capolavoro più danneggiato dall’inondazione del 1966.<br>La parete di fondo dell’ex refettorio è affrescata con un Cenacolo (1333) di Taddeo Gaddi, che fece da modello per le successive decorazioni dei refettori conventuali. Alle pareti, sei frammenti di Andrea Orcagna (Trionfo della morte, L’inferno) sono tra le testimonianze più forti e drammatiche della pittura fiorentina del ’300.<br>Il S. Ludovico di Tolosa è un bronzo dorato di Donatello del 1424, già a Orsanmichele; l’affresco staccato con i Ss. Giovanni Battista e Francesco è di Domenico Veneziano .<br>Le altre sale ospitano lunette, affreschi staccati, sinopie, frammenti di vetrate, varie opere robbiane e sculture per lo più tre-quattrocentesche, che si trovavano nella chiesa o nel convento.<br>Dal primo chiostro, attraverso un bel portale di Benedetto da Maiano si entra nel secondo chiostro (1453), probabile opera di Bernardo Rossellino.