È la prima grande opera rinascimentale di architettura civile in Roma, ancora memore della fortezza medievale. Iniziato come propria residenza dal cardinale Pietro Barbo nel 1455-64, fu ampliato dopo la sua elezione a pontefice (Paolo II) con il «palazzo papale», la nuova facciata di S. Marco e il «viridarium» (il futuro palazzetto Venezia), mentre all'interno fu costruita la sala del Mappamondo (1466-67); dopo gli interventi di Paolo III, numerose alterazioni interne ed esterne si ebbero nel corso dei secoli XVIII-XIX, quando il palazzo passò dalla Repubblica di Venezia, alla Francia e nel 1814 all'Austria. Il governo italiano, confiscatolo nel 1916, lo destinò, dopo un lungo restauro, a sede museale e di istituzioni culturali; tra il 1929 e il 1943 ha ospitato il capo del governo e il Gran Consiglio del Fascismo. Difficile la valutazione architettonica e urbanistica del complesso, profondamente trasformato e rimasto incompiuto. Ispirato ai principi di Leon Battista Alberti, in un sistema di calcolati rapporti tra l'edificio e l'ambiente urbano, il palazzo fu concepito come un blocco a pianta rettangolare con torri angolari e cortile centrale porticato e loggiato; la basilica di S. Marco ne divenne, sull'esempio veneziano, la cappella palatina, mentre il «viridarium», spazio verde e recintato, costituì la cerniera fra le piazze di Venezia e di S. Marco. La facciata su piazza Venezia, con coronamento a merli su beccatelli, è stata sottoposta nell’Ottocento a un restauro stilistico che ha uniformato tutte le aperture al piano terra e al secondo piano; la poderosa torre, cresciuta attorno al nucleo medievale, fu rialzata e merlata nel Quattrocento; l'elegantissimo portale architravato in marmo finemente scolpito (stemmi del cardinale Marco Barbo) è attribuito a Giovanni Dalmata (1467); l'apertura corrispondente del primo piano fu modificata da Paolo III, mentre il balcone è del 1714. L'androne presenta una bella volta a botte con lacunari di stampo classico attribuita a Leon Battista Alberti. La cappella della Madonna delle Grazie sorse nel '600 nell'andito pubblico tra il palazzo e il palazzetto e venne ricostruita nel 1911 in questi locali. Il soffitto a stucchi dorati e l’altare dall'elegante disegno sono seicenteschi. La facciata lungo via del Plebiscito fu iniziata nel 1468 da Paolo II e proseguita dal cardinale Marco Barbo con le finestre a sinistra e il nobile portale, a semicolonne corinzie e timpano. All'interno del palazzo, il giardino con l’originale fontana con gruppo dello Sposalizio di Venezia con il Mare, occupa l'area del cortile centrale, del quale furono realizzate solo dieci arcate col soprastante loggiato, direttamente ispirate all'architettura del Colosseo; al di sopra si leva l'elegante loggia coperta in laterizio, con bifore trilobate in marmo, eretta da Marco Barbo nel 1467-68 forse su progetto di Baccio Pontelli. Le grandi sale del palazzo paolino, suddivise e alterate nel '700-'800, furono restaurate nel 1924-30; la decorazione dipinta originale, di cui si ritrovarono scarsi resti (quella ad architetture dipinte della sala del Mappamondo è attribuita ad Andrea Mantegna), fu ampiamente integrata.