È il prototipo della seconda generazione degli edifici romani del Rinascimento che segna il passaggio al nuovo secolo: derivato dal palazzo di Venezia nell'idea del blocco chiuso e nella tipologia di residenza cardinalizia inglobante la chiesa titolare, testimonia nel linguaggio dei prospetti e nel cortile l'innesto delle esperienze urbinate e lombarde su quelle fiorentine. Il problema della paternità dell'architettura è tuttora aperto: l'influenza di Bramante è evidente ma l'attribuzione all’architetto dell’intero progetto è oggi esclusa per ragioni cronologiche. Il cardinale Raffaele Riario, alla fine del Quattrocento, diede avvio ai lavori che si conclusero nel 1513; poco dopo l'edificio, confiscato ai Riario, divenne sede della Cancelleria Apostolica e fu più volte ampliato fino al Settecento, quando le vicende del palazzo si allacciarono a quelle politiche; ospita attualmente il Tribunale della Rota Romana, la Pontificia Accademia Romana di Archeologia e la Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. La facciata principale è notevole per le calcolate proporzioni, per la rigorosa euritmia e per l'eliminazione di ogni residuo medievale. La vasta superficie trattata a bugnato liscio è suddivisa orizzontalmente in tre zone di uguale altezza, sottolineate da cornicioni; nella parte basamentale si aprono finestre ad arco e i portali del palazzo e della chiesa; al piano nobile sono eleganti finestre centinate e riquadrate, sormontate da clipei con la rosa araldica del Riario; il secondo ordine include finestre architravate sormontate da quelle arcuate del mezzanino. La facciata risvolta a sin. con la splendida testata curvilinea puntata verso Campo de' Fiori e impreziosita dal balcone finemente scolpito (stemma Riario) da Andrea Bregno. Il fronte su via del Pellegrino, si apre in basso con le arcate delle botteghe sormontate da finestrelle rettangolari; la testata d'angolo col prospetto posteriore, in laterizio e travertino, è accentuatamente convessa e ornata da un balcone scolpito. Internamente, il portale con colonne di granito ed elementi araldici del cardinale Alessandro Peretti, dà accesso al cortile a tre ordini: i primi due ad archi su colonne di granito con capitelli tuscanici, il terzo a parete di laterizio scandita da lesene con capitelli compositi, tra cui si aprono le finestre. Nell'impostazione generale il cortile è di derivazione urbinate, ed è oggi concordemente attribuito a Bramante, quanto meno per l'ideazione. Al primo piano, rilevanti sono la Sala riaria (o Aula magna), decorata sotto Clemente XI (1718) con il quadrante di orologio dipinto dal Baciccia; il salone dei Cento Giorni, le cui pareti sono decorate dagli affreschi (Allegorie e fatti di Paolo III) ideati da Giorgio Vasari ed eseguiti con aiuti nel 1546; la cappella del Pallio, decorata con stucchi e dipinti da Francesco Salviati, e il salone di Studio, con volta affrescata da Perin del Vaga. In un mezzanino si trova la Stufetta, bagno con pianta a croce greca datato al 1515-20 e attribuito ad Antonio da Sangallo il Giovane, con pergolato affrescato da Baldassarre Peruzzi.