La zona della Valle dei Templi propriamente detta e le aree delle acropoli e dei santuari fuori dalle antiche mura, dalla città moderna al mare, costituiscono, dal 2000, il Parco Archeologico e Paesaggistico della valle dei Templi di Agrigento, tra i siti Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco. L'area su cui si stendeva la città antica superava i 1800 ettari: ne facevano parte a nord-ovest la collina di Girgenti, alta poco più di 300 m (ora occupata a nord dal nucleo arabo e a sud dall'espansione moderna) e la collina dei templi; presentava un impianto di tipo ippodameo, con lunghe arterie, orientate da est a ovest, intersecate ad angolo retto da strade minori. La linea delle fortificazioni, in parte cancellata dall'espansione moderna, segue dapprima l'orlo della cresta montuosa, abbracciando anche la rupe Atenea, poi accompagna il corso del fiume Akragas (oggi S. Biagio), piegando successivamente verso ovest ad angolo retto (linea dei Templi) e ancora verso nord lungo il fiume Hypsas (oggi S. Leone) e il suo affluente, fino a unirsi, presso il cosiddetto avvallamento di Empedocle, con le mura provenienti dalla rupe Atenea; la città antica, che la moderna statale 118 taglia in due, risultava quindi cinta da mura baluardate verso l'entroterra e da mura e templi verso il mare. I monumenti rimasti appartengono principalmente al V secolo a.C., il periodo di maggiore splendore per la città. I templi, tutti in stile dorico, sono interamente costruiti con tufo arenario conchiglifero, la locale pietra calcarea dal colore giallo intenso; tracce di materiale bianco sulle superfici fanno supporre che la pietra fosse rivestita da un intonaco di polvere di marmo. Alla sommità della collina si incontra il tempio di Giunone Lacinia e a breve distanza il più noto del parco, il tempio della Concordia, di cui si ignora la consacrazione. Sicura è l'intitolazione del tempio di Ercole; le rovine presentano un allineamento di 8 colonne (di cui 4 col capitello), rialzate nel 1924, e una colonna mutila, forse l'unica che prima fosse rimasta eretta. Alcuni caratteri arcaici, come la forma allungata della planimetria e le poco slanciate strutture verticali, lo fanno ritenere il più antico fra i templi agrigentini (fine VI sec. a.C.). Prima di raggiungere il tempio di Giove Olimpico, si può scendere, alla volta del mare, verso la tomba di Terone: su un alto podio si leva un tempietto a base quadrata, con porte cieche e, agli angoli, colonne doriche con capitelli e basamenti ionici che sorreggono una trabeazione dorica, composta da metope lisce e triglifi. Le quattro colonne superstiti del tempio dei Dioscuri sono divenute, per ragioni forse legate al sentimento romantico e pittoresco ispirato dalla vista delle rovine, il simbolo di Agrigento. Eretto verso la fine del V secolo a.C., il tempio fu gravemente danneggiato dal sacco cartaginese; restaurato in forme ellenistiche, rovinò a causa di uno dei tanti terremoti del passato. Vicino al tempio si sviluppa un complesso di edifici riferibili al santuario di Demetra e Kore, indagato nel 1928-32 da Pirro Marconi che ne ha ricostruito lo sviluppo tra il VI e il V secolo a.C. All'estremità nord si collocano le strutture più antiche, che constano di due recinti sacri con altare all'interno, mentre a un secondo momento, collocabile comunque ancora nel VI secolo a.C., altri altari e tre tempietti.