Tra le opere più perfette dell'architettura dorica (metà V sec. a.C.), il tempio della Concordia, del tipo periptero esastilo con 34 colonne, ha avuto migliore fortuna di quello di Giunone Lacinia, giungendo fino a noi, almeno nelle membrature strutturali, quasi intatto, grazie alla trasformazione, nel VI secolo d.C., in basilica a tre navate, che comportò la chiusura, e quindi il rafforzamento, degli intercolumni e l'apertura, nelle pareti della cella, di arcate a tutto sesto tuttora leggibili; nel 1748 fu tolto al culto e restituito alle forme primitive. Si ignora a quale divinità fosse consacrato (probabilmente a Castore e Polluce); il nome attuale gli fu attribuito da Tommaso Fazello per un'iscrizione latina trovata nelle vicinanze.