È uno dei più augusti monumenti dell'antichità, ma anche un interessantissimo esempio di tecnica costruttiva romana. Lo edificò Marco Vipsanio Agrippa nel 27 a.C., ma fu completamente rifatto nel 118-125 da Adriano, che fece ricollocare sulla fronte l'iscrizione originaria. Dopo secoli d’abbandono, l'imperatore Foca lo donò nel 608 a Bonifacio IV, che lo consacrò al culto cristiano con il nome di S. Maria ad Martyres, mentre nel Medioevo venne adibito a fortilizio e nel 1625 venne privato del rivestimento bronzeo del portico per ricavarne i cannoni destinati a Castel S. Angelo e il baldacchino di S. Pietro (ha a che fare con questo avvenimento la famosa pasquinata, riferita a Urbano VIII Barberini, "quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini"). Le cancellate del pronao, allestite per evitare che il mercato antistante invadesse anche il tempio, furono smontate dopo l'Unità, quando il Pantheon divenne sacrario dei re d'Italia. La facciata era in origine elevata su scalinata e preceduta da una piazza allungata, i cui portici celavano la rotonda retrostante creando un effetto di totale separazione dalla percezione spaziale dell'interno; il pronao con 16 colonne è coronato da un frontone, ornato in origine di un rilievo in bronzo e sormontato da un secondo timpano più alto e arretrato. I battenti di bronzo della porta, ritenuti antichi, risalgono invece all'età di Pio IV. Ai lati del portale sono due nicchie, destinate probabilmente alle statue di Augusto e di Agrippa; in due vani retrostanti erano ricavate due scale (si conserva quella di sin.) per il controllo delle parti alte dell'edificio e della cupola. Un corpo parallelepipedo rivestito in marmo media l'attacco fra il pronao e la rotonda; quest'ultima presenta spessi muri laterizi, scanditi da nicchie, volte e archi di scarico che alleggeriscono la struttura. La cupola, del diametro di m 43.3 pari all'altezza dal pavimento al suo colmo, fu voltata su un'unica centina emisferica con un getto di conglomerato, contenente lapillo vulcanico in modo da alleggerirlo. L'interno del Pantheon è articolato da sette nicchioni con un nicchione di fondo sormontato da un arco, simmetrico a quello d'ingresso. Nello spazio tra i nicchioni sono otto edicole con colonnine che sostengono timpani triangolari e arcuati. Al di sopra corre la trabeazione, sovrastata da un attico rifatto da Paolo Posi nel 1747, con finestre cieche timpanate alternate a riquadri. Al di sopra, la grande volta è decorata da cinque ordini di cassettoni (28 per ordine) che vanno restringendosi verso l'alto, dove si apre l'occhio (del diametro di circa 9 m e orlato di bronzo), che costituisce l'unica apertura. Il pavimento a quadrati e cerchi inscritti, che utilizza vari marmi, è in buona parte originario. Molte le opere d’arte che vi sono custodite, tra cui: le tombe di Vittorio Emanuele II, Umberto I e Margherita di Savoia, la tomba di Raffaello con epitaffio di Pietro Bembo, l'affresco dell’Annunciazione attribuito a Melozzo da Forlì, gli epigrafi funebri dei virtuosi Flaminio Vacca, Taddeo Zuccari, Perin Del Vaga, e, all’altare maggiore, una Madonna col Bambino romano-bizantina (sec. VII).