Area archeologica di rilevanza mondiale per l'imponenza delle strutture romane conservatesi. La tradizione attribuisce la fondazione di una prima colonia di Ostia (da «ostium» = foce) allo sbocco del Tevere, e la sistemazione delle saline ad Anco Marcio, anche se il rinvenimento di terrecotte architettoniche dei sec. VI-V a.C. fa supporre che nel sito della futura città esistesse a quel tempo solo un luogo di culto. La colonia archeologicamente documentata fu invece fondata alla fine del sec. V o agli inizi del IV a.C. come cittadella fortificata rettangolare («castrum»); dapprima base della flotta sotto il controllo di un questore romano, dal sec. II a.C., in seguito all'acquisita importanza per i commerci e l'approvvigionamento alimentare di Roma, cominciò a espandersi: la cinta di cui sembra l'abbia dotata Silla dopo la presa da parte di Mario racchiudeva un'area di 69 ettari, e dal I a.C. le epigrafi attestano un ordinamento coloniale autonomo. Con Augusto e i suoi successori la città fu dotata di un teatro, di un primo foro e di un acquedotto, ma fu la costruzione del porto di Claudio, e soprattutto di quello di Traiano, che ne accrebbe ulteriormente l'importanza; Ostia vide potenziata la propria funzione di centro amministrativo e direzionale dei commerci e questo comportò una generale ristrutturazione urbanistica, attuata soprattutto sotto Adriano, che ricostruì i quartieri compresi tra il decumanus maximus e il porto fluviale (si raggiunsero forse allora i 50000 abitanti). Fino all'età dei Severi la città godette del favore imperiale, ma dopo la metà del sec. III cominciò a declinare, sopravvivendo come centro residenziale di alti personaggi. Agli inizi del sec. V il braccio ostiense del Tevere non era più navigabile e iniziò l’abbandono; il progressivo allontanamento della costa per l'insabbiamento del fiume e, da ultimo, la piena del 1557, ne causarono la decadenza definitiva. I primi scavi regolari di Ostia furono intrapresi sotto Pio VII, per impulso di Carlo Fea (1802-1804), e sotto Pio IX, a opera di Pietro Ercole e Carlo Ludovico Visconti (1855-70). Dopo l'Unità, ricerche sistematiche furono riprese solo nel 1907 da Dante Vaglieri e proseguite soprattutto da Guido Calza, in vista dell'Esposizione universale del 1942; la zona visitabile raggiunse così l'estensione di 34 ettari, a fronte dei probabili 50 effettivamente edificati in antico. Nel dopoguerra si è proceduto in particolare a restauri (i più importanti sono di Italo Gismondi) e a sistemazioni, oltre che a limitati interventi di scavo.