Su via del Teatro di Marcello si ha una visione completa delle arcate superstiti dell'impianto pubblico, secondo solo a quello di Pompeo per cronologia e capienza (c. 15000 spettatori), che fu iniziato da Giulio Cesare e dedicato da Augusto nel 13 o 11 a.C. alla memoria del nipote e genero Marcello. La cavea, del diametro di c. 130 m, aveva la facciata in travertino a tre ordini (quelli dorico e ionico ad arcate si conservano, mentre il terzo, probabilmente un attico chiuso con paraste corinzie, fu sostituito dal prospetto di palazzo Orsini); le arcate, 41 per ogni ordine (ne restano 12), avevano le chiavi decorate da maschere teatrali in marmo. Nella sottocavea sono grandi setti radiali in opus quadratum di tufo e, per la parte più interna, in opus caementicium con paramento in opus reticulatum; rampe e ambulacri consentivano il rapido smistamento degli spettatori. Abbandonato nel sec. V e interrato per metà del primo ordine, fu utilizzato dapprima come cava di materiale, poi come fortezza e infine come palazzo patrizio, costituendo uno dei più singolari esempi di continuità storica dell'abitato; nel 1926-32 fu scavato e restaurato da Alberto Calza Bini (furono allora ricostruite in tufo, con funzione di contrafforte, le arcate sul lato nord, riproducendo fedelmente l'architettura antica), che gli sacrificò però il fitto tessuto urbano circostante. Nell'area archeologica adiacente, tre colonne in marmo e con capitelli corinzi sorreggenti un frammento di trabeazione con fregio di bucrani e rami di olivo erano parte del tempio di Apollo Sosiano, dedicato nel 431 a.C., restaurato nel 179 a.C. e ricostruito nel 34 a.C.