Quello che il grande architetto francese Le Corbusier ha definito «Un documento per l'urbanistica» ha rischiato, come i grandi dinosauri, l'estinzione. A partire dagli anni Settanta del '900, a nemmeno sessant'anni dalla sua nascita, la grande fabbrica cittadina della Fiat non aveva più ragione di esistere. E pensare che, tra il 1917 e il 1923, l'architetto Giacomo Mattè Trucco progettava e realizzava il nuovo stabilimento, rispondendo alle esigenze di trasformazione della Fiat verso le dimensioni produttive e organizzative della grande industria. Due corpi longitudinali di 507 m di lunghezza e di 24 m di larghezza, uniti da 5 corpi trasversali, per 5 piani di officine. Le soluzioni strutturali più ardite corrispondevano a una concezione di produzione a catena che si sviluppava in verticale, che accoglieva il materiale grezzo ai piani bassi e lo trasformava in serie fino a ottenere il prodotto finito, l'auto, da collaudare sulla strepitosa pista ellittica e parabolica posta a coronamento del tetto (1 km di lunghezza e 24 m di larghezza). Due rampe elicoidali (1926), poste alle due testate dell'edificio, collegano tra loro i piani: sono gli elementi architettonici più spettacolari del complesso e ricordano, per analogia con altri grandi monumenti cittadini, le vertiginose sfide verticali di Guarini o di Antonelli. Presto tuttavia le mutate esigenze nei sistemi di produzione resero obsoleto lo stabilimento del Lingotto e il complesso venne poco per volta dismesso, fino alla definitiva chiusura nel 1983. A metà degli anni Ottanta venne bandito un concorso internazionale che vide vincitore il progetto presentato da Renzo Piano. Gli ambienti della grande fabbrica, ancor prima dell’inizio dei lavori, cominciarono a farsi palcoscenico di un'intensa stagione culturale: nell'ex sala presse, poi divenuto centro congressi, si tennero grandi concerti di musica classica e prestigiosi allestimenti teatrali; le officine ospitarono grandi mostre; la stessa adiacente palazzina degli uffici, primo spazio a essere ristrutturato e destinato a rappresentare il nuovo quartier generale della Fiat, ospitò importanti rassegne temporanee d'arte e di urbanistica. La prima fase della vera ristrutturazione dello stabilimento si avvia nel 1991 e riorganizza l'area della sala presse in funzione di spazi espositivi e fieristici destinati a ospitare grandi eventi annuali come la Fiera dell'Auto, la Fiera Internazionale del Libro, per qualche edizione quella della Musica e, più recentemente, il Salone del Gusto e Artissima. Il cantiere del Lingotto ha visto impegnata una moltitudine di uomini (architetti, tecnici, imprese, operai) e, per undici anni, si è evoluto in un prolungato intersecarsi di progetti, committenze, istituzioni. Oltre al centro congressi e all'area fieristica, il Lingotto oggi si presenta come una struttura articolata dove convivono la cultura e il commercio, il lavoro e la residenza, il disimpegno e la produzione. Tra i nuovi elementi ricordiamo: l'auditorium Giovanni Agnelli (Renzo Piano, 1993-94), raffinata sala da musica dall'acustica perfetta; il giardino delle meraviglie (1993-95), uno straordinario spazio verde nel cuore dell'edificio; una galleria commerciale, un cinema multisala, due hotel della stessa catena alberghiera e, sul lato nord, gli edifici del Centro per la formazione e ricerca per l'ingegneria dell'autoveicolo del Politecnico (1999-2002). Sulla pista di collaudo, restaurata nel 1993 e straordinario balcone sulle Alpi, oltre a un ristorante panoramico svettano altre due 'invenzioni' di Renzo Piano: la bolla (1994), sala sferica e trasparente gestita dai vertici Fiat, sospesa a 40 m dal suolo, usata come sala conferenze, collegata con due ascensori al sottostante centro congressi (accanto una pista di atterraggio per elicotteri); e lo scrigno (2002), struttura in acciaio che ospita la Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli.