Antico centro civile e religioso della città, iniziato nel 1396 su progetto di Lorenzo degli Spazzi, e terminato solo nel 1740. La sua realizzazione comportò una vasta serie di modifiche e ristrutturazioni dell’area su cui sorse, che era tra le più complesse e ricche di testimonianze storiche della città. L’edificio fu infatti impostato sull’antica chiesa di S. Maria Maggiore (consacrata cattedrale nel 1016), che venne poco alla volta smantellata. Crescendo, si addossò al palazzo del Broletto, che per fargli posto venne privato di due campate e dello scalone principale. L’abside settentrionale si sovrappose invece all’antico palazzo del Pretorio. L’adiacente chiesa romanica di S. Giacomo venne a sua volta accorciata di sei campate, così da permettere l’accesso al Duomo dall’attuale piazza Grimoldi, dove sorge il Palazzo vescovile (fondato nel 1013, assai rimaneggiato); verso est, furono demolite le mura della cittadella viscontea. La facciata a salienti interrotti, tipicamente gotica, con vari elementi rinascimentali, venne eseguita tra il 1455 e il 1486 da Amuzio da Lurago e Luchino Scarabota. L’eccellente decorazione scultorea è opera in gran parte di Giovanni Rodari e dei suoi figli Bernardino, Jacopo e Tommaso. Agli ultimi due spetta la paternità dei due podii a lato del portale maggiore, che incorporano le statue di Caio Plinio Secondo il Vecchio e Caio Plinio Cecilio Secondo il Giovane. Nelle sculture delle lesene compaiono i ritratti di vari personaggi della corte sforzesca dell’epoca. Sempre dei Rodari, in particolare di Tommaso, è il progetto (modificato nel 1519 da Cristoforo Solari) sia dei fianchi della Cattedrale, sia della tribuna e delle sagrestie. Tommaso eseguì anche i due bei portali laterali: quello del fianco meridionale e la contrapposta porta della Rana. Al completamento della chiesa lavorarono Francesco Maria Ricchino (che terminò tra il 1627 e il 1633 l’abside settentrionale del transetto) e Filippo Juvarra, che nel terzo decennio del XVIII secolo eresse, a compimento di una vicenda progettuale assai intricata, l’elegante cupola sull’alto tamburo. L’impianto interno è basilicale su tre navate; il transetto, contenuto nella larghezza delle navate, è terminato da absidi circolari dotate di apertura uguale a quella della navata centrale, a costituire un ‘tricoro’ d’ispirazione già rinascimentale; le campate sono coperte da volte a crociera archiacute, di profondità decrescente man mano che si procede verso la facciata. Ricco l’apparato decorativo: negli intercolunni e sulla controfacciata si ammirano nove arazzi della fine del XVI secolo prodotti da artigiani fiorentini, ferraresi e fiamminghi; sulle pareti spiccano l’altare della seconda campata destra, con le storie della Passione di Tommaso Rodari (1492); la grandiosa ancona lignea dell’altare della quarta campata destra, con la raffigurazione dei fatti della vita di S. Abbondio (patrono della città), splendida opera cinquecentesca della bottega di Giovan Angelo del Maino; la pala di S. Gerolamo dell’altare della quinta campata destra, capolavoro di Bernardino Luini; passati davanti all’altare maggiore barocco, lo Sposalizio di Maria di Gaudenzio Ferrari sull’altare della quarta campata sinistra.