È una grandiosa villa suburbana, tra le più belle e famose del ’500, edificata per gli ozi di Federico II Gonzaga da Giulio Romano che ne fece, affrescandola, un capolavoro del manierismo italiano. Il nome deriva da quello antico - tejeto, luogo di capanne - della località in cui sorse. Fu costruita in due anni (1525-26), altri dieci ne richiesero le decorazioni interne. Il complesso è costituito da quattro corpi bassi disposti intorno a un cortile, rivestiti a bugnato d’intonaco di rustico aspetto, e da un vasto giardino retrostante chiuso da un’esedra. All’interno le sale, fastosamente decorate, prendono nome dal tema delle decorazioni. Sulla sinistra dell’ingresso si attraversano la sala di Ovidio, nel cui fregio sono rappresentate scene dalle Metamorfosi, e le successive delle Imprese e del Sole e della Luna, con stucchi del Primaticcio. Si esce quindi nella loggia delle Muse, con decorazioni a stucco ancora del Primaticcio e dipinti di scuola giuliesca. Segue la maestosa sala dei Cavalli, che fungeva da salone d’accesso ai conviti: deriva il nome dai sei splendidi cavalli dipinti alle pareti da Rinaldo Mantovano, ma notevole è anche il soffitto a cassettoni opera di Gasparo Amigoni. La sala di Psiche contiene uno dei più famosi e importanti cicli pittorici del manierismo cui contribuirono, assieme a Giulio Romano, Rinaldo Mantovano e Benedetto Pagni. Vi è narrato il mito di Amore e Psiche secondo la favola di Apuleio: la vicenda è raffigurata negli ottagoni e si chiude con il grande dipinto sulle due pareti senza finestre (Banchetto nuziale di Cupido e Psiche); alle altre due pareti, senza relazioni con la vicenda, episodi con Marte e Venere. Si succedono quindi la sala dei Venti, con medaglioni che illustrano l’influsso degli astri sui comportamenti umani, e la sala delle Aquile, con stucchi del Primaticcio, pitture di Agostino da Mozzanega e, nell’ottagono centrale, Caduta di Fetonte attribuita a Giulio Romano. Di qui si esce nella loggia di Davide, che funge da raccordo tra il cortile d’Onore e il retrostante giardino, chiuso sul fondo dall’esedra seicentesca e, a destra, dall’edificio delle Fruttiere: qui, nel 1530, Federico II Gonzaga ricevette l’imperatore Carlo V sceso a Mantova per conferirgli il titolo ducale. La visita prosegue nella sala degli Stucchi, con splendido fregio a due ordini, e nella sala degli Imperatori dalla quale si passa alla sala dei Giganti: vi è raffigurata la mitologica sconfitta dei Giganti, travolti dal crollo delle falde dell’Olimpo che avevano tentato di scalare, a opera di Giove. Autore del ciclo fu essenzialmente Rinaldo Mantovano, su disegni del Vasari. Dal giardino si accede all’edificio a sé stante che ospita l'appartamento del Giardino segreto. Dal vestibolo ottagonale si accede alla sala di Attilio Regolo, con volta affrescata: al centro si ammira l'Allegoria della Pax gonzaghesca; agli angoli, esempi di virtù tratti dalla storia romana. Ancora dal vestibolo si esce nella loggia, da cui si passa nel giardino segreto; in fondo vi si apre la grotta, un tempo con pareti rivestite di conchiglie, volta affrescata e giochi d’acqua. Le Fruttiere (ma anche la parte monumentale del palazzo) sono sede di importanti mostre d’arte. Nell’edificio principale di palazzo Te ha sede il Museo civico, suddiviso in varie sezioni: la Donazione Mondadori, con 13 dipinti di Armando Spadini e 19 di Federico Zandomeneghi; la Sezione gonzaghesca, che riunisce medaglie, monete, pesi e misure, conii e stampi dal 1328 al 1707; la Collezione egizia, donata nel 1840 dal mantovano Giuseppe Acerbi e comprendente oggetti del delta del Nilo; la Collezione mesopotamica, con reperti antichi del vicino Oriente dal VI millennio a.C. al I d.C.