Il palazzo attesta il prestigio della più potente famiglia feudale siciliana del XIV secolo (Steri da «Hosterium», palazzo fortificato). A pianta quadrata con atrio centrale, venne iniziato da Giovanni Chiaramonte il Vecchio nel 1307 e completato poi nel 1380 da Manfredi III. L'esterno, benché piuttosto manomesso, conserva ancora sulla fronte e sui fianchi le linee severe della primitiva costruzione a tre piani, massiccio e chiuso il primo, aperti gli altri da ampie bifore e trifore elegantemente decorate a tarsie laviche. Dal 1415 divenne sede dei viceré, dal 1601 al 1782 del tribunale del S. Uffizio (nelle carceri Filippine, lungo locale diviso da archi ogivali su colonne, che si raggiunge dal cortile interno, disegni, pitture e scritte di anonime vittime dell'Inquisizlone) e dal 1800 al 1958 dei Tribunali, poi trasferiti nel nuovo palazzo di Giustizia. Divenuto sede del Rettorato universitario, è stato sottoposto a pesanti lavori di restauro, ed è stato successivamente aperto al pubblico. Il grande salone al primo piano ha soffitto ligneo dipinto con motivi decorativi che si richiamano alla tradizione musulmana e con storie bibliche e cavalleresche, opera di Simone da Corleone, Cecco di Naro e Darenu da Palermo (1377-80). Esposto in modo permanente e di proprietà dell'Università è il dipinto di Renato Guttuso dal titolo "La Vuccirìa" (dal vernacolo: confusione) nel quale, con estremo realismo, l'artista restituisce l'immagine di uno fra i più noti mercati della città. Intorno al cortile interno, loggia ad archi acuti su colonne e due belle trifore. Allo stesso complesso appartengono le Carceri dei penitenti, primo esempio di edilizia carceraria in Sicilia. Questa parte del palazzo ospita dal 2009 un importante Museo dell’Inquisizione.