È uno dei monumenti più famosi di Napoli e non a caso fu voluto da due coniugi reali, Roberto I d'Angiò e la devotissima moglie Sancia, che in questo modo rese omaggio alla sua repressa vocazione per la vita di clausura. La chiesa fu eretta nel 1310 da Gagliardo Primario, collegata a un monastero di Clarisse e destinata a "pantheon” dei sovrani napoletani, per essere trasformata nel 1742-69 in uno dei più stupefacenti interni di tutto il '700 italiano, andato completamente distrutto dopo un bombardamento del 1943; quanto era sopravvissuto fu eliminato dai restauri (conclusi nel 1953) che ripristinarono le forme gotiche. La facciata della chiesa, preceduta da un pronao a tre fornici, e ornata solo da un enorme rosone, è affiancata a sinistra dal campanile, che della costruzione trecentesca conserva unicamente la parte inferiore. L'interno, unitario, semplice e immediatamente leggibile nella spazialità come richiesto da una chiesa francescana, è formato da una navata unica con dieci cappelle per lato sormontate da una tribuna continua, e conclusa da una piatta parete che funge da diaframma con il coro delle Monache. Salvo poche eccezioni, le opere d'arte ricollocate nell'interno sono dei secoli XIV e XV. Tra tutte emergono le tombe reali: sulla parete di fondo giganteggia quanto resta del sepolcro di Roberto d'Angiò, per dimensioni il più grande monumento funebre del medioevo italiano, opera dei fiorentini Giovanni e Pacio Bertini (1343-45); a sinistra, il sepolcro di Maria di Durazzo di seguaci dei Bertini; a destra, sono i sepolcri di Carlo di Calabria (1330-33) e della sua seconda moglie Maria di Valois (1333-38), entrambi opera di Tino di Camaino. Allo stesso si deve quanto rimane (settima cappella destra) del sepolcro della loro piccola figlia Maria. Il coro delle Monache, cui si giunge attraverso la sagrestia, fu pensato da Leonardo di Vito come una chiesa autonoma ed è notevole testimonianza del gotico a Napoli. Ne suggerisce l'importanza il portale marmoreo trecentesco mentre l'interno è oggi ornato solo dalla lastra tombale per la sepoltura provvisoria di re Roberto e dai frammenti del Compianto su Cristo morto, unica parte superstite del ciclo affrescato da Giotto e aiuti (1328-30).