La storia dell’isola, oasi di cultura e di Oriente a poche centinaia di metri dal Lido di Venezia, è tutta nel nome. Dal XII secolo ospedale e poi lebbrosario (da cui l’intitolazione a S. Lazzaro), abbandonata durante il ’600, agli inizi del ’700 accolse una comunità di padri armeni provenienti dalla Morea greca, minacciati dai turchi; a guidarli l’abate Mechitar, che pianificò la costruzione del complesso conventuale sui resti dei preesistenti edifici. Da allora la congregazione mechitarista non ha mai smesso di promuovere, conservandola, la cultura armena. Nel convento, impostato su un chiostro con giardino, si notano il settecentesco refettorio, con grandi tele alle pareti, e la chiesa, già appartenente al lebbrosario ma ricostruita nel 1883 dopo un incendio. Il complesso ospita una Biblioteca ricca di circa 45.000 volumi, una celebre tipografia plurilingue attiva dal 1796, un museo con dipinti (al soffitto del vestibolo, affresco di Giambattista Tiepolo), reperti archeologici tra cui una mummia del XV secolo a.C., cimeli e un Tesoro di oltre 2000 manoscritti armeni, alcuni miniati. Una sala è dedicata a George Byron, che nel convento soggiornò per lunghi periodi. Intorno, l’isola è tenuta a orti e giardini.