Asse d’acqua del Borgo teresiano, il canale fu detto grande non per le dimensioni, che non sono imponenti, ma per distinguerlo dal Canale piccolo che in passato consentiva i trasporti fin nel cuore della città antica. In origine giungeva proprio a ridosso della chiesa di S. Antonio Nuovo, ma l’ultimo tratto venne colmato con i detriti delle demolizioni degli anni Trenta, e rispondeva appieno alla funzione di porto-emporio in cui le merci venivano sbarcate, ma anche tenute in deposito, trattate e fatte oggetto di compravendita. Infatti i prodotti scaricati dai velieri e trabaccoli che attraccavano alle bitte in pietra bianca del Carso – in dialetto ‘garofolini’, tuttora presenti lungo le Rive – erano prontamente immagazzinati al piano terra delle case-fondaco affacciate sul canale o nei magazzini delle strade circostanti (oggi trasformati in negozi e box per auto). Le fotografie di inizio ‘900 lo mostrano ancora affollato di imbarcazioni e brulicante di attività; con l’introduzione della navigazione a vapore e del trasporto terrestre su rotaia il porto si trasformo in semplice punto di transito, dove le merci dovevano sostare per il più breve tempo possibile.<br>Sulla sponda sinistra del canale, scendendo verso il mare, corre via Bellini, costeggiata da due grandi edifici. All’angolo con piazza Ponterosso, l’imponente facciata di palazzo Genel (1873), costruito su progetto dell’architetto Antonio Bacichi, oggi sede della Banca Nazionale del Lavoro. Quasi a toccare le Rive, invece, è il lungo fianco di palazzo Carciotti.