Prologo. Best Western, partner alberghiero del Tci, ospita (sontuosamente) al nuovo Cremona Palace, nel verde a poca distanza dal golf club, il giornalista al seguito di Vento. Ma l'hotel è decisamente fuori città, immerso nella quiete. Ieri sera poco male; qualche pedalata in più e un cortesissimo pilotaggio via telefono dalla concierge dirotta su vie secondarie, senza rischi per i ciclisti. Stamattina, però, raggiungere l'imbarco documenta che le ciclabili di Cremona sono fatte per i cremonesi. Che la città conoscono. Il turista è fritto: la segnaletica “Imbarco turistico” è per i bus, evidentemente, e ti porta in tangenziale (vietata e pericolosa). L'alternativa è intervistare i pedalatori del mattino e farsi guidare. Posso dire: si sono fatti in quattro. Tutti.

Imbarco in motonave straordinario: l'approdo di Cremona dispone pure di piattaforma mobile per i disabili. E finalmente siamo sul Po navigandolo. Occasione, anche per la carovana di Vento, di scoprire progetti innovativi dell'autorità di bacino: proporre un barca sharing che porti i turisti a scendere un tratto di fiume in favore di corrente e con la bici a bordo. Per poi rientrare a Cremona pedalando lungo l'argine. Così da vedere il fiume da due diverse prospettive.

Due immagini da bordo: la prima è che un Po così alto in vita mia non l'avevo mai visto; le piene di questi giorni lo fanno sembrare quasi un Danubio. L'altra è che, pur regolamentatissima, l'attività di scavo – che in realtà si svolge solo fuori alveo, in aree golenali – prosegue e le famigerate chiatte-draga si incrociano ancora. E inquietano, per quanto ormai inoffensive. Per il resto: filari di pioppi, verde primaverile e ciclisti che ci salutano dall'argine.

Sbarcati a isola Pescaroli, foto di gruppo con l'equipaggio, e delusione: il ristorantino promette pesciolini fritti. Ma in nove, senza avvertire prima, non ce la fa a sfamarci. Una perfetta misura di quanto possa essere depresso il turismo lungo il fiume più importante d'Italia. Proprio ciò che questo viaggio vorrebbe cominciare a cambiare. Pausa pranzo cinque chilometri più oltre; a una trattoria La pace in cui il nome dice già tutto; poco prima, a Solarolo Monastirolo, sosta in religiosa contemplazione di una rarità agricola: proprio a ridosso della golena, dominato dall'argine c'è un vigneto. Curiosità a parte, l'immagine sembra uscire da un dipinto del cinquecento lombardo.

Si prosegue sull'argine maestro, non sempre riservato alle bici. Spesso il divieto è solo nei finesettimana e oggi c'è chi sfrutta la striscia asfaltata per “tagliare” il traffico della vicina provinciale, su cui rombano camion. Risultato: basta un attimo d'incertezza nella carovana, la bici col carrello non si sfila per tempo da chi l'affianca, e un suv metallizzato (la marca si può intuire) strombazzando manca d'un soffio con lo specchio destro il braccio di Pileri. Per il capofila del progetto un bel rischio corso sul campo!

Casalmaggiore però è a un passo e di lì filiamo in sicurezza sull'argine maestro chiuso al traffico. A destra la golena alterna, prima che si intraveda il fiume, campi fradici delle recenti piogge a chiazze di pioppi che si fanno accarezzare dal vento, cambiando cento sfumature di verde-grigio. Dall'altro lato, imperversano i geometri, con lottizzazioni di villette dagli stili e colori improbabili; quasi quasi gli impianti industriali alle porte di Viadana riescono per un istante ad apparire come interventi di riqualificazione territoriale. Meglio continuare a tenere gli occhi sulla golena, dove la complicità delle nuvole accende luci e colori da accademia di belle arti.

Esame di maturità da cicloturista nell'imboccare il ponte sul Po per raggiungere Boretto: l'impalcato trema sotto le vibrazioni impresse da bilici che ignorano sia i 50 orari del tratto lombardo sia i 30 imposti dagli emiliani. E ti trovi a pedalare stretto tra la ringhiera del ponte e i pali verticali che sostengono il guard rail, mentre questi enormi mezzi ti sorpassano – pur dall'altro lato della barriera metallica – a poco più di un metro di distanza. Addio poesia del Grande Fiume. Capisco all'istante perché il progetto Vento si sia dotato di un abaco delle opere da realizzare e/o modificare: un'esperienza del genere metterebbe in fuga qualsiasi famiglia in vacanza. Del disagio per pedoni e ciclisti locali, meglio non parlare.

Arrivati a Boretto, dopocena se ne parla ancora, invece. L'appoggio al progetto di una ciclovia protetta ed esclusiva, fattori chiave perché si trasformi in uno strumento di sviluppo turistico, arriva sia dall'onorevole (fresco di nomina) Paolo Gandolfi sia da Francesco Puma, segretario generale dell'autorità di bacino del Po; l'uomo il cui potere si estend da Pian del Re all'Adriatico. Che parla di Vento come innovazione positiva, che crea posti di lavoro, contrapponendola a quella che li distrugge. Per i cinefili, a fianco del viadotto di Boretto, sulla sponda emiliana, c'è una chicca: il casello e il primo tratto, oggi su un prato, del caratteristico ponte di barche protagonista di più scene chiave, soprattutto in bicicletta, nella saga cinematografica di Don Camillo (Fernandel) e Peppone (Gino Cervi).

Sintesi dei 58 chilometri di pedale odierni? Che da un lato c'è ancora molto da fare. Ma dall'altro non mancano sia la voglia di andare a rete sia le risorse, perlomeno in termini di cultura e territorio, su cui far leva. Col Vento in poppa.

Domattina sveglia all'alba - ci pensa il gallo dell'hotel trattoria del pesce, alle 5.07, a dire quando si alza il sole - per l'imbarco su una house boat: con Vento seguiremo il Grande Fiume fino a San Benedetto Po. Lì mi rileveranno Tino e Jacopo. La mia frazione di staffetta lungo il fiume è agli sgoccioli ma il Vento continuerà a soffiare.