La giornata, in realtà, non si apre oggi. Ma ieri sera: con grande spirito pratico per ovviare al mostruoso ritardo accumulato, l'assessore Rabuffi del Comune di Piacenza si trasforma in autista e, lasciato Stefano alla stazione per il “rimpatrio” in redazione, con la sua assistente come secondo chauffeur catapulta al museo civico di Storia naturale – l'ex macello ristrutturato, un capolavoro di archeologia industriale – tutta la carovana di Vento. Tema dell'incontro: Cibo, arte e cultura in bicicletta. L'occasione per sentir affermare, giustamente, che lungo l'asse del Po sorgono almeno 15 parchi, tutti gestiti secondo il concetto dell'isola, ciclabili ad anello comprese. Basterebbe metterle a rete, come si dice, che metà dell'opera del percorso Torino-Venezia sarebbe già servita. Straordinari, comunque, i ragazzi dell'istituto grafico e turistico di Casali con una presentazione multimediale sui beni culturali piacentini. Talmente perfetta che riescono a incagliarsi tra computer e tablet, dimostrando che per i capricci informatici non c'è generazione digitale che tenga.

Il prologo del mattino è nel parco del Trebbia, per raggiungere in centro a Piacenza Palazzo Farnese, così da proseguire sul tema dei beni culturali. E la pedalata permette di scoprire che a) le gite scolastiche a Piacenza si fanno in bici, scortati da bidelli e insegnanti. Non bici a noleggio: la propria o quella del fratello maggiore. Con simpatico contorno di gomme a terra e catene cadute... b) che lungo i percorsi ciclopedonali i civilissimi piacentini hanno installato le colonnine coi defibrillatori, area test in Europa. Metti mai che un runner si sentisse poco bene.

Il tondo di Botticelli, col suo sipario di rose rosse alle spalle della Vergine, vale mille pedalate fino a Piacenza; dato che siamo su bici a ruote alte, la delegazione assessorile non manca di portarci pure nel sotterraneo di Palazzo Farnese, dove una carrozza settecentesca con scala retrattile ci spiega molte cose sullo stato delle strade di un tempo. Forse paragonabili ad alcuni tratti della ciclabile che esploreremo. Ma non anticipiamo.

Perché uscendo dalla città la sosta meridiana è al consorzio di bonifica, nella sala pompe idrovore della Finarda, dove una mostra di foto d'epoca sui piacentini e il loro rapporto col Po, nonché un paio di scolaresche attendono Vento e Pilieri: la folla di tredicenni oscilla. Non sa se incantino di più le immagini dei bisnonni in redingote e parasole che passeggiano sulla riva sabbiosa del Po come al lido di Venezia. O l'idea di andare in gita fino a Venezia in bici. “Prof, l'anno prossimo lo facciamo anche noi?”

Uno scroscio d'acqua incalza, ed entriamo in territorio cremonese in tenuta stagna. Per spogliarci poco dopo. Pioggia o non pioggia, i riflessi delle luci temporalesche sull'acqua marezzata dal vento del pioppeto golenale allagato hanno un tocco di Van Gogh. Sebbene poi dobbiamo scoprire che, complici gli annunciati lavori per Expo2015, in un paio di punti i cantieri di riprestino delle stazioni di pompaggio bloccano la percorribilità dell'argine e ci obbligano a lunghi giri oziosi... Anche perché si moltiplicano barre e ostacoli in blocchi di cemento invalicabili alle bici (sebbene destinati alle auto): bisogna alzare di peso le biciclette per scavalcare. E la Ktm a pedalata assistita di servizio della redazione si dimostra un macigno, complici forse i bei volumi di immagini con cui a Piacenza ci hanno riempito le borse portabagagli.

Prima dell'arrivo a Cremona, tre flash. Un tratto di argine tanto inerbito da risultare difficile anche in mountain bike, più che altro perché non si capisce dove appoggino le ruote; uno scorcio della Rocca di Maccastorna con un rosaio mozzafiato, e il becero in auto sportiva che strombazza e ci insulta perché percorriamo la strada d'accesso (pubblica e la deviazione è resa obbligata da lavori in corso sull'argine) a una società canottieri coi cancelli costellati di NO ENTRY. I maleducati si trovano dappertutto, ma due ore di pedalata tra i colori della campagna fresca di temporale meritavano per Vento un ingresso in città più simpatico.

Cancella rapidamente la scarica di bile l'affettuosa accoglienza alla canottieri Mac. Non abbiamo fatto a tempo a passare dall'albergo per una doccia, ma loro ci mettono a disposizione i propri spogliatoi, anche se un paio di noi devono eclissarsi rapidamente perchè una leva del cambio del prof. Pileri, dominus di Vento, sta cedendo e si impone una fulminea gita dal ciclista. Ma l'aperitivo in terrazza col sindaco Perri, suppur rinfrescato dal vento, è un successo: si sigla il protocollo d'intesa di Vento e ci si confronta sul turismo culturale in bicicletta. E i dati raccolti da Tino Mantarro per l'inchiesta sul cicloturismo pubblicata da Touring nel settembre scorso fanno ancora scalpore. Pileri parla di 80 milioni per attivare la ciclovia Torino-Venezia, ma in Trentino hanno appena finito di investirne 120 di milioni, per ritrovarsi un flusso di turisti da 800mila ospiti/anno.

Sintesi della giornata: i piccoli ciclisti piacentini, svezzati già a scuola, saranno di certo pedalatori responsabili. E la domanda che sorge spontanea, con ancora negli occhi il grano (decisamente indietro di stagione) già chiazzato di papaveri è: ma perché a Vento non ci si è pensato trent'anni fa? Avremmo salvato dalla rovina e dalla desertificazione un ambiente agricolo inimitabile. A domani.