Non ci poteva essere giornata migliore per iniziare a pedalare con Vento. Ginevra pare essersi presa una pausa, Giove Pluvio è occupato altrove e noi partiamo da Torino con il sole e un’aria frizzante che fa riversare nel parco del Valentino centinaia di persone. È bello, questo parco lungo Po, dove i ciclisti si mischiano ai runner e agli skater, c’è voglia di muoversi, di recuperare parte della primavera perduta. Oggi parte anche un grande Ciclopride, ma noi non abbiamo tempo: dobbiamo andare con il Vento.

Sulla linea di partenza ci sono Paolo Pileri, l’ideatore del progetto, e i suoi tre assistenti, ci sono io del Touring, ma ci sono anche amici e simpatizzanti. Un padre con suo figlio ci segue sui Murazzi, ci fa delle foto come fossimo degli eroi. “Ma arrivate fino a Venezia? Ma possiamo rifare il vostro percorso?”. Eh, ve lo sapremo dire. Ma come dice Pileri, Vento non è una ciclabile. O meglio, non ancora e non solo. È innanzitutto una grande opportunità di sviluppo, se mai la ciclabile esisterà. Opportunità da prendere al volo.

Attorno a Torino è una meraviglia. Il Po scorre tranquillo, le greggi (!) brucano nel parco del Meisino, pedaliamo tra platani e sambuchi, orti casalinghi e canali idroelettrici. A San Mauro Torinese c’è l’intero consiglio comunale ad attenderci, e c’è pure la festa della fragola (regalata dal re agli abitanti quando ancora la fragola era una sconosciuta, in Europa), ieri hanno consegnato a un cittadino meritevole il Fragolino d’oro. E le fragole, inutile dire, sono eccellenti. Poi, verso Chivasso, si fa tutto più difficile. Sterrati malridotti, tanto che cado rovinosamente, forse distratto dalla bellezza della catena alpina innevata, là sullo sfondo; e poi svincoli, statali trafficate, la sicurezza dell’argine è già solo un ricordo. Nessuna segnaletica: ci saremmo persi già solo dopo pochi chilometri senza Alessandro, uno degli assistenti di Pileri che ha tracciato tutto il percorso in gps. Dice che non c’è altra scelta che fare questa strada – sarà un ritornello, crediamo, in questi giorni. A un certo punto c’è un cancello chiuso, in mezzo ai papaveri e alle cascine. L’anno scorso non c’era. Torniamo indietro. Per chilometri.

Siamo in ritardo e che succede? Buco. Gomma a terra. Il tempo di imprecare sottovoce che arrivano gli angeli - nella forma della protezione civile di Crescentino. Ora, io non li ringrazierò mai abbastanza, gli abitanti di Crescentino. A parte che vengono a riceverci fuori dal paese con uno squadrone di ciclisti, assessori in testa, e pedalano assieme a noi fino in centro, entusiasti di credere in Vento e farne parte. Ma poi: caricano sul furgone me e la mia super Ktm, disinfettano le ferite, recuperano una gomma d’aria che ovviamente non ho con me, oltre la chiave per smontare la bici e davanti al Municipio si mettono in cinque o sei a smontare e rimontare senza che io possa proferir parola (tanto non saprei da dove iniziare: sono un vero ciclista milanese…). La signora che ha il negozio di materiale ciclistico mi regala due camere d’aria, non sia mai. Santi siano i crescentinesi.

Da Crescentino a Morano ci accompagna don Nicola, che è un ciclista radioamatore calabro (!) nonché parroco di due paesi tra le risaie. Pedala più forte della mia Ktm – a proposito, già dicono che ho avuto tutte queste sfighe perché ho la bici con il trucco. Iniziano le risaie, cala il sole: è tutto non suggestivo, di più. Gli aironi, la cappelletta persa tra l’acqua e la terra, il mare a quadretti, i filari dei pioppi che brillano, anche l’aereo gigantesco in cemento che era stato fatto nella colonia elioterapica fascista. Salvatore, che è di Trino, ci toglie un po’ di romanticismo raccontandoci di quanto i risicoltori abbiano inquinato falde acquifere e terreno, con i loro diserbanti totali. Molto più delle centrali nucleari di Trino, che ochieggiano a due passi. Arriviamo alla grangia di Pobietto alle nove, molto più tardi di quanto avessimo previsto. Tra mezz'ora inizia la conferenza su cicloturismo e parchi, in una sala bellissima della grangia, sede del parco del Po e dell’Orba. Non c’è neppure il tempo di cambiarsi, ma è bello venire accolti come gente che ha fatto qualcosa di grande.

Morale di oggi: il paesaggio italiano è bellissimo; la gente di paese un tesoro nazionale; devo imparare a riparare una gomma.