Uno non ci pensa mai a quanto sia difficile andare in bicicletta. Una volta oltrepassati quei momenti da bambini, quando abbandonati tricicli e rotelle si sale in sella con in bocca il gusto e in testa l'idea che la conquista del mondo è a portata di pedale non ci si ferma più a riflettere quanto, per certi versi, sia difficile mettersi a pedalare. Uno lo prende come dato assodato, come camminare, portare una forchetta alla bocca e respirare. Viene, punto e basta.

Poi invece passati i trent'anni ci si trova a doversi organizzare per una biciclettata lunga otto giorni e oltre ottocento chilometri e allora inizia a pensare quanto sia difficile andare in bicicletta. Non tanto per la fatica – che poi questa volta abbiamo a disposizione una fantastica Ktm Elycan (prestataci da Lovato's bike di Casorate Sempione), il meglio del meglio in fatto di bici a pedalata assistita – quanto per organizzare tutto il resto: dal bagaglio essenziale al modo di trasportarlo, dall'abbigliamento ideale (la maglia traspirante servirà? E i pantaloncini imbottiti? E le scarpe, che scarpe si usano?) al come fare per non perdersi (saremo capaci di usare le tracce Gps?).

E soprattutto, se continua a piovere così, non era meglio farla in canotto?

Che alla fine con un mesetto di pedalate saltuarie, al sabato mattina, anche un redattore sedentario come il sottoscritto riesce a mettersi in qualche modo in forma e farsi fiato sufficiente per sostenere in quasi scioltezza almeno 40 chilometri, purché in piano. Perché nonostante lo pseudo allenamento già un cavalcavia rappresenta un'asperità stile Pordoi. Ma se la geografia non è diventata una opinione di salite tra Torino e Venezia non ce ne dovrebbero essere. Perché se c'è una cosa che ci ha convinto subito del progetto Vento portato avanti dalla squadra del professor Paolo Pileri del Politecnico di Milano, è che il tracciato non prevede salite. Ed è assolutamente alla portata di tutti, anche i meno allenati ciclisti urbani, come in questa settimana cercheremo di dimostrare. Anche perché, la sera, arrivati a destinazione ci aspetta l'ospitalità di Best Western, al Palace hotel di Cremona e al Palace Inn di Ferrara.

Così a due giorni dalla partenza di domenica (sabato sera alle 18.30 preludio a Venaria Reale) siamo qua a cercare di capire come far stare tutto quel che dobbiamo portare nelle borse ipertecnologiche della Ortlieb che ci sono state messe a disposizione da Rossignoli cicli di Milano. Due borse che ci hanno garantito essere talmente impermeabili, che potremmo farle galleggiare sul Po senza che il contenuto si bagni. Il problema, per il redattore/ciclista sedentario, è però capire cosa sia l'essenziale da portarsi dietro per un'avventura a pedali come questa. Tre giorni, tre magliette? E quante scarpe, che se piove si bagnano. E dove metto il computer? La macchina fotografica e tutto il resto? Ma soprattutto: quanto cavolo sono 40 litri? Domande ingenue che chi non ha mai fatto nessun tipo di avventura cicloturistica (io) pone ai pedalatori avvezzi a passare le vacanze sul sellino e a fare bagagli essenziali, perché ogni chilo superfluo poi lo sconti. Tutte cose a cui uno non pensa quando si mette in sella e decide di partire. Tutte cose che impareremo, a nostre spese, strada facendo. Da domenica.