Le motivazioni che spingono le persone a viaggiare sono tante, diverse e spesso insondabili. Di certo tutte insindacabili. Tra queste c’è anche lo sport. Così, ad esempio, qualche centinaio di persone in questi giorni sarà partito dall’Italia alla volta di Kiev per rendere visita a un monumento speciale che si trova quasi nel centro della capitale ucraina: il piccolo stadio dedicato a Valeriy Lobanowsky. Qui, in serata, si affronteranno la Dinamo Kiev e l’Inter. L’incontro è importante, il risultato incerto le attese molteplici e divergenti, ma questo in questa sede è secondario. Quel che conta sapere è che nei pressi dello stadio i tifosi si imbatteranno in un monumento particolare: una scultura che rappresenta quattro calciatori della Dinamo degli anni Quaranta. Una statua che a Kiev considerano un simbolo, al pari della grande statua della libertà che svetta sulla città. Una statua con una storia che merita di essere raccontata. Una storia di resistenza e identità, uno di quei racconti fondativi e mitologici che sarebbero tanto piaciuti a Levi Strauss. 

Ci sono varie versioni del racconto. Quella ufficiale, che andava per la maggiore ai tempi dell’Unione Sovietica, raccontava che la squadra della Luftwaffe avesse sfidato la Dinamo Kiev in una partita amichevole che di amichevole aveva ben poco. Al novantesimo, dopo la sconfitta, i tedeschi avevano sommariamente ucciso tutti gli avversari. Ma questa è solo una della tante vulgate della propaganda sovietica. Alcune arrivano addirittura a raccontare che i giocatori ucraini fossero stati uccisi durante la partita.

La verità storica è un’altra. Durante la guerra il campionato fu interrotto e diversi giocatori della Dinamo si ritrovarono a lavorare alla panetteria numero tre della città, fianco a fianco con giocatori di un’altra gloriosa squadra locale, la Lokomotiv Kiev. Insieme, nel 1942, si iscrissero alle neonata lega di Kiev con il nome di Fc Start. Un campionato cui partecipavano squadre di prigionieri rumeni e ungheresi, accanto a formazioni locali e team dei vari rami dell’esercito tedesco, tra cui la Flakelf, formata da membri della Luftwaffe. A fine campionato Start e Flakelf si trovarono a disputare la finale. All’andata la Start - che fino ad allora non aveva mai perso - vinse facile per 5 a 0. Al ritorno i tedeschi erano decisi a vincere: come arbitro scelsero una Ss. Ma quando si è più forti non ci sono arbitri che tengano: lo Start vinse 5 a 1. Non solo, raccontano che il giovane difensore Oleksiy Klymenko decise di umiliare i tedeschi. Così in un minuto imprecisato del secondo tempo arrivò nell’area avversaria, scartò con eleganza il portiere e si fermò sulla linea di porta. Invece di segnare rimise la palla in gioco, lanciandola nuovamente a centro campo. Era il 9 agosto del 1942, l'arbitrò fischiò la fine della partita prima del novantesimo. Sette giorni dopo i tedeschi decisero di vendicare l'onta della sconfitta.

Dopo ferragosto tutti e undici i giocatori dello Fc Start furono fermati e interrogati dalla Gestapo. L’accusa: essere membri della Nkvd, la polizia sovietica. Del resto, per tradizione, la Dinamo era la squadra della polizia. Mykola Korotkykh morì dopo 20 giorni di torture. Gli altri dieci furono internati al campo di Syrets, assieme a centinaia di ebrei e altre dozzine di indesiderati del Terzo Reich. Nel giro di sei mesi altri tre giocatori fecero la stessa fine di Korotkykh. Erano il roccioso centravanti Ivan Kuzmenko, il centrocampista Pavlo Komarov e il portiere Mykola Trusevych, di cui la leggenda racconta che al momento della morte indossasse ancora la maglia da numero uno, un'ordinata maglia di jersey. La statua all’ingresso dello stadio Lobanowsky è l’omaggio della Dinamo, di Kiev e dell'Ucraina a quella squadra di panettieri.