Venticinque anni fa, sulla cartina del mondo appesa sul muro della seconda elementare non c’era. Undici anni fa nemmeno. Dieci anni fa sì, ma solo se la cartina era molto, molto aggiornata. Era il 30 agosto del 1999 quando i cittadini di Timor Est con un referendum scelsero l’autodeterminazione. Dopo quattrocento anni di colonialismo portoghese e ventiquattro di occupazione indonesiana a Dili erano riusciti a ottenere l’autodeterminazione.

Indipendenti dal 2002, decisero di chiamare la nuova nazione Repubblica democratica di Timor Leste, adottorano il portoghese e il tetum come lingua ufficiale e iniziarono a costruire uno stato da zero. Da allora questo paese di un milione di abitanti cerca di risalire dagli ultimi posti di tutte le classifiche mondiali che stabilmente occupa e cerca di aprirsi al turismo. Anche se i risultati sono scarsi.

Nonostante le spiagge inesplorate e la natura intatti a oggi i turisti sono ancora pochi, pochissimi. Le statistiche locali dicono che siano meno di un migliaio ogni mese, soprattutto australiani intrepidi e cinesi che vengono più per affari che per le spiagge, anche se il visto dichiara il contrario. Eppure, dopo anni piutosto turbolenti e violenti, si è raggiunta amche una certa stabilità politica.

I problemi per un serio sviluppo del turismo sono tanti: i biglietti aerei per raggiungere la piccola capitale Dili sono esosi e non ci sono voli diretti se non da Darwin, in Australia, e da Bali. Le stutture ricettive ancora scarse, non troppo accoglienti e incredibilmente care: un albergo decente costa almeno 90 dollari a notte. Una cena per due sui 30 dollari. Così l’economia, che potrebbe trarre notevoli vantaggi dal turismo, continua a dipendere dalle esportazioni di caffè e dagli aiuti internazionali. E sebbene ultimamente siano stati trovati buoni giacimenti di petrolio e gas che potrebbero far cambiare musica, siamo solo all’inizio e tutto sta nel come verrenno ridivisi i proventi.

Vada come vada, difficilmente nel giro di pochi anni Timor Est diventerà la prossima Bali. Così l’isola rimane una meta da sogno per intrepidi viaggiatori in cerca di un passato ancora presente. Chi ci è stato racconta di un Paese dove ci si riesce ancora a sentire dei pionieri del viaggio. Esclusa la capitale Dili che è l'unica quasi città degna di questo nome, da vedere ci sono chilometri di foresta vergine e piccole cittadione portuali che conservano l’impronta architettonica data dai portoghesi, come Liquica and Baucau. O fondali intatti che fanno la gioia degli amanti delle immersioni. Insomma, qualcosa da fare c’è. Ma il resto del mondo deve ancora scoprirlo. Lo scorso 30 agosto, decimo anniversario dell’autodeterminazione di Timor Est, è stata ancora una festa per pochi intimi.

Per avere informazioni, si può partire dal sito ufficiale del turismo a Timor Est.