Chi pedala conosce bene il Ghisallo. La fatica che si fa ad arrivare sul colle, quei chilometri da Bellagio che sembrano non non finire mai. E poi, il panorama meraviglioso una volta in vetta, lo sguardo che abbraccia il lago di Como, le montagne all'orizzonte. Luogo mitico, il santuario della Madonna del Ghisallo, che non conosce declino: generazioni di ciclisti si tramandano l'emozione della salita e i racconti delle epopee dei campioni. Tanto che nel 2006 si decide di costruire, accanto alla chiesetta, un museo per celebrare la storia delle due ruote passate da queste parti. Biciclette e maglie rosa (la più grande collezione esistente), ma anche fotografie, cimeli, film, racconti. A inaugurare addirittura papa Ratzinger.

Ora tutti i giornali, Gazzetta dello Sport in primis, lanciano l'allarme: il museo chiude. Poche entrate, molte spese, personale a casa. Sembra che il museo abbia bisogno di 100mila euro l'anno, per sopravvivere, e che il buco attuale sia di 80mila. A mobilitarsi ecco campioni dello sport, industriali, politici (da ultimi gli assessori della Regione Lombardia, tra cui l'ex canoista Antonio Rossi), che promettono soluzioni immediate. Speriamo. Anche perché altrimenti se ne andrebbe un pezzo dell'Italia sportiva - e non possiamo pensare che in un mondo, come quello dello sport, dove gli sponsor fanno girare quantità incredibili di denaro, nessuno voglia investire in un pezzo di cultura. Perché - con buona pace dei detrattori, che in vari blog urlano scandalizzati "tanto a chi importa di due biciclette arrugginite" - anche lo sport è cultura e storia del nostro Paese. Da tutelare e insegnare alle generazioni future.