In Sicilia non si fa neanche in tempo a smaltire la sbornia dei festeggiamenti per l'inserimento della vite ad alberello di Pantelleria, lo Zibibbo, nella lista dei Patrimoni orali e immateriali dell'Umanità che ecco arrivare la tegola. «Se continua questo tipo di gestione scriteriata dei Patrimoni Unesco l'isola potrebbe perderli». Parola di Raymond Bodin, ambasciatore maltese presso l'Unesco ed ex-commissario dell'organismo che sceglie quali beni inserire nella lista. Un avvertimento che si aggiunge a quelli che periodicamente lancia Legambiente, che redige il dossier Unesco alla siciliana per denunciare lo stato di incuria in cui versa il ricco Patrimonio dell'Umanità dell'isola.
 
RECORD DI SITI UNESCO
Perché quel che è indubbio è che la Sicilia sia una vera miniera di siti Unesco. Ben 8 sui 55 italiani, comprendendo anche i Patrimoni orali e immateriali, come appunto lo Zibibbo di Pantelleria. Tanti quanto la Siria o la Thailandia. Una ricchezza enorme che dovrebbe contribuire a trascinare il turismo siciliano, ma che invece non riesce a far cresce i numeri degli arrivi, soprattutto di turisti stranieri. Sei milioni nel 2012, contro gli 8 della Campania, i 19 della Lombardia e i quasi 26 del Trentino-AltoAdige. Briciole. Briciole che avere un corposo numero di siti Unesco non riesce a far lievitare. Le motivazioni dello scarso successo turistico della Sicilia sono molteplici: dai trasporti difficoltosi alle infrastrutture scadenti, dagli alberghi bellissimi ma inarrivabili, oppure cari ma senza che i servizi giustifichino il prezzo. Per non parlare dei musei chiusi, delle aree archeologiche mal tenute e chiuse nei giorni (sabato e domenica) e negli orari in cui normalmente le visitano i turisti (e non solo quelli stranieri). Insomma, una masse di problemi cui non sfuggono i siti Unesco che pur dovrebbero essere la punta di diamante dello sviluppo turistico dell'isola.

Così, intervistato dal quotidiano La Sicilia, Raymond  Bodin non la manda a dire «Non capisco in tutta sincerità come i politici siciliani non riescano a gestire il patrimonio dell’Isola in maniera corretta. Anzi, non lo gestiscono affatto. Da tempo nel mondo intero, non esiste alcun posto con così tanti tesori come la Sicilia. Non esiste un altro luogo con una concentrazione così densa di meraviglie. Eppure, dopo tanti discorsi, continue nomine di assessori regionali, soprintendenti et similia, siamo all’anno zero. L’amara realtà è che la Sicilia non è capace di gestire l’immensa fortuna che ha».

 
LA GESTIONE DEI SITI
Perché avere il titolo di Patrimonio Unesco porta molti onori, ma comporta anche oneri. L'Unesco infatti prepara dei piani di gestione della diverse aree, piani che se disattesi possono portare alla revoca del titolo. «C'è da vergognarsi nell'assistere all'aggressione continua, al disinteresse, alle inadempienze, al mancato rispetto degli impegni presi, al vuoto progettuale e di proposta per salvare e valorizzare questi patrimoni unici» si legge nel dossier di Legambiente.

La situazione dove non è tragica è paradossale. Alle Eolie il piano di gestione del patrimonio Unesco non è mai partito. Mentre consigli di parchi archeologici che devono gestire aree importanti come quella di Agrigento non vengono nominati per anni per ripicche politiche, con il conseguente blocco di ogni attività non ordinaria. Piani di gestione che non sono stati neanche scritti, come per Pantalica; restauri finanziati e mai realizzati, come al teatro greco di Siracusa, fondi mai spesi e dunque ritirati per ignoti motivi burocratici e via dicendo.

Un campionario di nefandezze assortite che lascia pochi dubbi: avere un riconoscimento Unesco non fa fare il necessario salto di qualità nella gestione dei territori. Anzi, sembra quasi il contrario. Nonostante questo sono in preparazione le candidature di altri siti, da Segesta e Selinunte, a Erice a Taormina, per conquistare gli ambiti riconoscimenti Unesco. Del resto, lo spesso diceva Sciascia, la Sicilia è isola ricca di contraddizioni. Una più, una meno.