Non è un restauro, e non è nemmeno un trasferimento. È uno sfratto. Dopo quasi 70 anni l’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro rischia di perdere la sua storica sede romana, in piazza San Francesco di Paola, a Roma. Fino ad oggi l’Iscr è stato sistemato nel palazzo Borgia Cesarini e in una parte del vicino ex-convento seicentesco  di San Francesco di Paola, di proprietà dell’ordine Ordine dei Frati Minimi Poveri, che cercano di rientrare in possesso dello stabile. Una storia che si trascina da anni, che ha avuto una svolta decisiva poche settimane fa. Un’ingiunzione di sfratto divenuta esecutiva lo scorso 16 dicembre: entro fine febbrario l’Iscr deve liberare i locali, altrimenti lo sfratto sarà eseguito dalla forza pubblica. Adesso il futuro dell’Istituto è davvero incerto.

L’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro nasce nel 1939 come Regio Istituto Centrale del Restauro secondo un progetto redatto da Giulio Carlo Argan e da Cesare Brandi. Scopo primario promuovere l’attività del restauratore dall’ambito della pratica empirica a tecnica d’intervento multidisciplinare basata dall’apporto congiunto di storici d’arte ed esperti scientifici. Giuridicamente fa capo direttamente al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che avrebbe dovuto predisporre una soluzione adeguata trovando una nuova sede capace di accogliere tutta la struttura senza spezzettarla in molteplici spazi. Giunti a questo punto lo “spezzatino” è un rischio concreto che secondo il personale “penalizzerebbe l’operatività e annullerebbe l’identità della struttura, che tra forza dalla sua peculiare fisionomia multidisciplinare necessita, che per essere mantenuta in vita necessita di spazi unitari e con particolari requisiti, sia per i laboratori scientifici che per gli archivi”.

Per questo il personale dell’Iscr si è mosso per difendere la sua sede. Tra le varie iniziative anche un appello al Presidente della Repubblica che si può firmare qui. Aspettando di vedere come va a finire.