Chi frequenta la Scandinavia d’inverno ha certamente notato l’insolito spettacolo: da auto e furgoni in sosta notturna sulla strada spunta (solitamente dal cofano) un cavo elettrico collegato con l’abitazione del proprietario o dell’azienda. Il motivo è semplice: date le rigide temperature notturne, solo un sistema di riscaldamento elettrico supplementare può evitare che il motore di trasformi in un blocco di ghiaccio, rendendo di fatto il veicolo inservibile.

Da oggi questa infrastruttura legata a problemi climatici diventa protagonista. Grazie a un accordo tra il costruttore automobilistico Volvo e la società elettrica Vattenfall, in questi giorni ha inizio il test delle prime vetture ibride plug-in al mondo. Il principio è semplice: dotare una vettura con propulsione ibrida – in questo caso frutto dell’associazione tra un motore diesel Euro5 con filtro antiparticolato da 152 kW e un propulsore elettrico da 52 kW – di una batteria maggiorata, ricaricabile attraverso la presa esterna 220V/10A mentre è in sosta, così da poterla utilizzare anche come veicolo elettrico.

Detto e fatto: i tecnici di Volvo e Vattenfall hanno piazzato nel vano di carico della station wagon V70 un pacco di batterie agli ioni di litio da 11,3 kWh in grado di garantire circa 50 chilometri di autonomia in marcia “full-electric”. La posizione delle batterie, sui primi 10 mezzi di preserie, è provvisoria: solo i crash test in corso, infatti, potranno chiarire la collocazione ideale (probabilmente sotto il sedile dei passeggeri posteriori) per il pacco degli accumulatori.

Ma i primi test della vettura stanno dando risultati lusinghieri. La V70 Phev grazie alla propulsione ibrida con le ruote posteriori mosse dal motore elettrico “guadagna” di fatto una trazione 4x4 (anteriore diesel, posteriore elettrica) che ne amplia la mobilità sui fondi stradali invernali. Poi può funzionare in due modalità differenti. La prima è “full-electric” con velocità massima autolimitata a 130 orari: la V70 parte a batterie cariche da casa e, anche nelle condizioni meno favorevoli, completa il ciclo di commuting urbano con non meno di 30 chilometri di autonomia; al termine della quale si passa all’ibrido “convenzionale” con il motore diesel che si attiva “a richiesta” per muovere la vettura e le batterie che si ricaricano tramite il recupero di energia in frenata. In questo caso cadono i limiti di velocità e si possono toccare, teoricamente, i 200 all’ora.

Ovviamente entrambe le modalità di marcia possono essere selezionate a propria discrezione (batterie permettendo) dal guidatore. Che si trova a disposizione un veicolo con cambio automatico dall’impatto ambientale estremamente basso, ma senza i problemi di autonomia caratteristici dei mezzi elettrici: a batterie scariche si continua a marciare senza problemi, pur utilizzando il solo motore a gasolio. Unico prezzo da pagare, il maggior peso; i prototipi della V70 Phev fanno registrate una tara di 200 chili superiore a quelli col semplice motore diesel. Ma i tecnici Volvo giurano che i veicoli di serie, disponibili per la clientela europea già dall’estate 2011, dimezzeranno lo svantaggio.