Leggendo un reportage di viaggio si cercano tante cose: avventura, passione, divertimento, empatia e verità. Non vuoi sapere vita, morte e miracoli di chi sta al potere, quelli si trovano sui libri di storia. Si cerca un racconto di prima mano di mondi lontani e diversi, zone periferiche che magari mai visiterai, ma che stuzzicano la fantasia e la voglia di scoprire. E poi, chi lo sa, prima o poi non è detto che uno non decida di partire con un libro sotto braccio. Per questo abbiamo selezionato dieci reportage per dieci settimane. Dieci scoperte del mondo partendo dalle pagine di un libro letto a casa o, ancora meglio, in viaggio.
 Quando decidi di attraversa la Siberia in inverno e per giunta in macchina devi essere pronto a tutto: assalti di banditi, agguati di poliziotti, animali pericolosi, incidenti mortali e guasti meccanici. Soprattutto questi ultimi possono essere fatali:  rimanere di notte al freddo, in Siberia, d'inverno è l'anticamera della morte, se non sei preparato. Il giornalista polacco Jacek Hugo-Bader si era preparato per anni per affrontare la sua odissea via terra: un viaggio da Mosca a Vladivostok per scoprire il cuore ghiacciato della Russia e la sua gente. Perché quel che più attrae e incuriosisce del suo racconto, oltre alle peripezie stradali con la sua vecchia auto sovietica, sono le persone. Sciamani che si credono la reincarnazione di Cristo, ex hippy ubriaconi, generali ancora orgogliosamente sovietici e poi minoranze siberiane, popolazioni destinate a sparire che racchiudono nelle loro parole l'essenza delle Siberia. Un'essenza che il giornalista polacco, il cui reportage Febbre Bianca è stato tradotto da Keller editore (pag. 288, euro 16,50) prova a raccontare in questa lunga intervista.
Chi viaggia in Siberia se può usa il treno e mai la macchina: perché?
Per le dimensioni. La Siberia da ovest a est è più o meno come farsi cinque volte dalla punta dello stivale italiano alle Alpi. A questo aggiungi che le strade sono mal messe, che mancano posti in cui dormire o mangiare, e che la polizia russa è ben nota per la sua avidità. Un viaggio di più     giorni in treno è come un lungo pic-nic in continuo movimento sulla strada. I treni russi sono molto comodi e gli stessi russi amano questo modo di viaggiare, li prendono come una parte della vacanza, un non far niente, riposarsi, dormire e bere wodka parlando con gli altri passeggeri. Soprattutto per uno straniero che parla il russo, come me, questo è particolarmente stimolante e curioso. In un viaggio tanto lungo come quello attraverso la Siberia si allacciano bei rapporti, le persone sono costrette a entrare in contatto tra loro, a conversare. Si può stare in silenzio un paio d'ore andando da Varsavia a Cracovia, o da Roma a Milano, ma non si può non parlare cinque giorni e cinque notti andando da Mosca a Vladivostok.
Dopo cinque giorni tutti parlano...
A quel punto persino i cuori si aprono, i passeggeri acquistano una rara sincerità, a lungo e in modo vero parlano di sé, questo fenomeno si è persino conquistato un nome, i russi lo chiamano «Sindrome paputčika», una parola che deriva da put (strada) e paputčik, l'uomo con cui si è in viaggio (in senso figurato e letterale), la persona con cui condividi opinioni simili, aspirazioni, mete. I treni russi a lunga percorrenza hanno tre classi: obščij, che è la classe più bassa; kupejnyj (scompartimento per quattro) e lux molto confortevoli (per due persone). In quanto a comodità io preferisco la seconda, ma soprattutto per la curiosità viaggio spesso con la classe più bassa, si tratta di un vagone per 82 passeggeri che non è diviso a scomparti; lì si procede bene, una vita comune, in inverno si brucia il carbone nel forno, si scalda l'acqua per fare il tè nel samovar e tutto questo avvicina le persone.
Quali sono i pericoli maggiori che si possono trovare sulle strade russe in inverno: il gelo, i banditi o i poliziotti?
Direi piuttosto la distanza. Manca del tutto l'assistenza stradale, i meccanici, e se si verifica un guasto si aggiungono il gelo, e la notte, e nessuno che si fermerà ad aiutare: la disgrazia è servita. Riguardo al banditismo sulle strade la situazione migliora di anno in anno. La Russia di Putin ha fatto in questo ambito enormi progressi. Questo è uno dei pochi lati positivi del potere autocratico. Nessun dittatore spartirà mai con nessuno il suo personale diritto all'uso della violenza e quindi il banditismo è assolutamente combattuto.
Facevano concorrenza alla polizia?
La polizia stradale è la professione più malvista in Russia, perché sono avidi e corrotti all'inverosimile. Spillano soldi ai conducenti al posto di multe per trasgressioni inventate o con, come se chiedessero un pedaggio per passare dalla strada. Ma questo non vale per gli stranieri, perché i russi sono molto ospitali, amano gli stranieri, se possono li aiutano. Persino la polizia, che i russi li spenna, li deruba senza pietà. In tutto il mio viaggio ho pagato solamente una multa/bustarella del valore di 1000 rubli, circa 25 euro, ma di questo ho scritto nel libro. Ho viaggiato su una macchina registrata in Russia, mi hanno fermato molte volte, ma una volta saputo che sono un giornalista polacco mi hanno sempre lasciato proseguire senza problemi, persino quando per davvero avevo commesso qualche reato, ad esempio quando non accendevo i fari al crepuscolo perché dovevo risparmiare batteria alla Lazik.
Quanto è distante questa Russia che hai attraversato dalla Mosca dei nuovi ricchi e dalla Sochi delle Olimpiadi? Sono lo stesso Paese?
Sono come due mondi diversi. La Russia è un meraviglioso, insolitamente ricco, e interessante buon paese, con persone sincere, per molti dei quali la patria è come la peggiore matrigna. Perché nonostante la straordinaria potenza e ricchezza della Russia, è un paese costruito ingiustamente. A ogni passo s'incontra una disuguaglianza sociale che non vedrete in Africa. Ci sono oligarchi a confronto dei quali i milionari americani sono poveri, e persone che fanno la fame. Nella stessa Mosca, con dieci milioni di abitanti si vendono più Mercedes classe S (il tipo più lussuoso) che in Germania, dove queste macchine vengono prodotte. Perché scrivo di questo? Perché nella capitale russa ci sono almeno cinquemila bambini senza una casa. Un mio amico tedesco non ha torto quando dice che è un paese marcio. E che cos'è, che in questa straordinaria nazione è capace di rovinare questo posto magnifico?
L'umanità di cui racconti, quella che hai incontrato lungo la strada è triste e dolente: hai trovato degli angoli di gioia nel tuo viaggio?
Ma certo che ho incontrato russi felici. A ogni angolo: è solamente necessario essere capaci di guardare a loro (e leggere di loro), perché con loro è esattamente l'opposto che con gli americani. Gli abitanti degli Stati Uniti sono infelici, tristi, depressi, ma sembrano e fanno finta di essere contenti. I russi, anche se sono felici e tutto fila liscio e sono sani e ricchi, hanno i visi cupi, gli piace lamentarsi e sono invidiosi. Ma non sono d'accordo se afferma che in Febbre bianca ho descritto solamente persone che non hanno avuto successo, persone segnate dalla sofferenza. Già gli hippy di Mosca, dai quali parto col mio racconto, sono persone che hanno scelto quella determinata vita, che l'hanno costruita e che in quello sono felici, hanno trovato la loro felicità, la gioia, la soddisfazione nella diversità, nel rifiuto della normalità, la rinuncia allo stile di vita sovietico. La loro felicità è una libera scelta. Vi hanno beneficiato e se la sono conquistata, perché nel periodo sovietico non l'avevano. Sono stati i primi russi a conquistare per sé la cosa più preziosa del mondo la libertà e l'amore, e io lo so bene, perché anch'io provengo da un paese e da un tempo in cui la libertà individuale doveva essere conquistata.
E gli hippy non sono gli unici, giusto?
Così è anche per i vissarionisti, i protagonisti del capitolo "Un lembo di cielo". Hanno un biografia sfregiata ma costruiscono di nuovo la loro vita e sono felici, soddisfatti, trovano la gioia e la forza nell'essere una comunità, nessuno li indottrina, non sono una qualche setta, non hanno subito un lavaggio del cervello, hanno compiuto una libera scelta e in qualunque momento possono andarsene. Sono loro le persone più felici che ho incontrato nell'ex Unione Sovietica.
Nel libro racconti di alcune delle cinquanta popolazioni native della Siberia che stanno scomparendo. Che destino vedi per loro?
Purtroppo temo che le popolazioni native della Siberia non possano aspettarsi niente di buono. Si scioglieranno nella massa russa in qualche decina d'anni. Continuano a diminuire, morire, estinguersi, bevono fino a morire, hanno un incremento naturale di nascite negativo e non sono capaci di mantenere un 'unità nazionale, etnica. Perdono la loro lingua, la cultura, la religione, quel senso di diversità che li caratterizza, ma lo Stato russo di questo non si preoccupa. Gli jakuti lottano eroicamente per preservare la loro identità e sono fiducioso che loro ce la faranno, perché sono il più numeroso dei popoli indigeni, sono mezzo milione; ma se si parla degli altri non ho grandi speranze. Questa consapevolezza non mi dà pace, perché nel nostro XXI esimo secolo, come dicono sul loro destino i popoli che vivono in Siberia, è in corso un morbido olocausto. E di loro ce ne sono già appena due milioni.
Il tuo è un viaggio in qualche modo replicabile?
Conosco persone che hanno fatto questo viaggio col mio libro in mano, ma si sono preparati bene, conoscevano la lingua, e questo è essenziale, perché i russi maneggiano male le lingue straniere, ma sono persone di cuore, ospitali, e aiutano volentieri se glielo si chiede. Tuttavia sono un po' diffidenti e per questo è importante riuscire a comunicare bene. Bisogna fare i conti con la scomodità, dormendo dalle persone incontrate per caso, mangiando qualsiasi cosa. Credo che sia meglio conoscere la realtà del posto, per sopravvivere nelle più profonde regioni russe in Siberia, quindi piuttosto consiglierei di approfittare di appositi servizi delle agenzie viaggi, che organizzano “spedizioni a richiesta” in qualsiasi posto il clienti indichi.