Vi piacciono incredibilmente i nuovi grattacieli di Porta Nuova a Milano e non riuscite a trattenervi dal fotografarli (magari in un selfie) che poi postate su Facebook? Attenti. In futuro potreste essere costretti a pagare i diritti di immagine agli architetti che li hanno progettati. Idem per qualunque immagine scattata in un luogo pubblico che riproduca opere dell’ingegno costruite da architetti, artisti e ingegneri che non siano morti da almeno 70 anni. Vuoi la foto? Paga, o quantomeno contatta prima l’autore del monumento che stai per fotografare e chiedigli se ti autorizza o se invece non vuole essere pagato. Per cui - potenzialmente - addio alle fotografie davanti alla stazione Termini, al Pirellone o al dito di Cattelan. Ma la questione è davvero così tragica come viene descritta dai giornali la battaglia culturale in corso in queste settimane al Parlamento europeo e che va sotto il nome di «Libertà di Panorama»? La situazione è molto più complessa di come viene raccontata. Fondamentalmente dire che da domani (la questione si dibatte oggi a Strasburgo) non potremo più fare fotografie in strada è sbagliato e fuorviante.
LA RELAZIONE REDA
Ma andiamo con ordine. Settimane fa la deputata tedesca Jula Reda, del partito Pirati, ha presentato alla commissione giuridica del Parlamento europeo una relazione sulle leggi riguardo il diritto d’autore per le immagini nei Paesi dell’Unione. L’intento era di aggiornarle e uniformarle, soprattutto per la cosiddetta libertà di panorama, ovvero una limitazione del diritto d’autore che consente a chiunque di scattare e riprodurre immagini di luoghi pubblici, edifici, opere d’arte temporaneamente installate in luoghi pubblici senza ledere il diritto d’autore di chi ha realizzato quell’opera, sia esso un architetto o un’artista. Oggi la libertà di panorama è molto diversa in ogni Paese dell’Unione che - in base a una direttiva del 2001 - è libero di regolarsi come meglio crede. Si va da una libertà totale, come in Irlanda, a una totale limitazione, come in Belgio o in Italia. Da noi infatti è in vigore il codice Urbani secondo cui per pubblicare immagini di Beni culturali tutelati (per cui anche edifici non contemporanei e opere d’arte) per scopi commerciali è obbligatorio ottenere l’autorizzazione dalla Soprintendenza locali. Le immagini di opere d’arte in luoghi pubblici possono essere pubblicate solo a scopo di critica o discussione e a patto di non fare concorrenza economica all’opera stessa. Un cavillo parzialmente rivisto dal
La relazione di Jula Reda consigliava «una totale liberalizzazione sull’uso delle immagini scattate nei luoghi pubblici». La relazione è stata approvata, ma contestualmente è stato approvato anche un emendamento, firmato dal deputato centrista francese Jean-Maria Cavada, che va in direzione opposta. L’emendamento - votato da socialisti e popolari - prevede infatti che l’uso commerciale di fotografie, video e altre immagini e lavori che sono in spazi pubblici deve essere sempre soggetto a un’autorizzazione preventiva dell’autore o di chi ne faccia le veci, l'estensione temporale del diritto è la medesima che vale per il diritto d'autore dei libri e delle altre opere d'ingegno, ovvero 70 anni. Per cui, portato all’estremo, questo potrebbe voler dire che non sarà più possibile fotografare liberamente e poi condividere online (perché questo è il nocciolo della questione) edifici e monumenti di una città.
IL NODO FACEBOOK
Il problema sorge soprattutto quando postiamo le nostre foto su Facebook e altri siti simili. Questo perché, iscrivendoci a Facebook & Co, accettiamo tra i tanti punti del contratto che sottoscriviamo (probabilmente senza neanche leggerlo, ovvio) il fatto che come utenti ci impegniamo a cedere i diritti commerciali delle nostre foto alla società americana (sezione 9.1 delle condizioni di uso di Facebook) e dichiariamo di avere il permesso degli interessati per farlo (sezione 5.1). Questo fa passare la nostra foto ricordo immediatamente da immagine personale a immagine per uso commerciale e dunque apre potenzialmente spazio a contestazioni di ogni sorta. Per cui sostanzialmente il problema nasce nel momento in cui noi condividiamo l’immagine, non in quello in cui scattiamo, che potrebbe essere assolutamente per uso privato e dunque non ricadere nelle normativa.
ALLARMISMI ECCESSIVI
Certo è che, se oggi il Parlamento europeo non correggesse quanto votato in sede di commissione giuridica, questo non determinerebbe l’immediata soppressione della libertà di panorama. La relazione infatti è un’indicazione affinché la Commissione Europea legiferi sulla questione. Quindi, ammesso che oggi stesso l’emendamento non venga rigettato, c’è tutto il tempo per rivederla e intervenire. Dunque, che cosa accadrà domani? Domani potremo continuare a scattare le foto davanti alla stazione Centrale, foto che, stando alla normativa italiana vigente, saranno comunque illegali. Ma, come sempre accade in Italia, la autorità lasciano correre.
AGGIORNAMENTO.
Il 9 luglio il Parlamento europeo ha preferito mantenere la situazione attuale eliminando la proposta presente nel progetto di risoluzione dove l'utilizzo commerciale sarebbe stato consentito solo previa richiesta di autorizzazione preventiva ai titolari dei diritti. In pratica ha vinto la possibilità di fotografare: libertà di foto in pubblico luogo.