È passato più di mezzo secolo da quando Fausto Coppi, il 2 gennaio del 1960, morì improvvisamente a causa della malaria dopo un safari in Africa (“il grande airone ha chiuso le ali”, scrisse Orio Vergani). E ancora di più dalle sue gloriose sgroppate in solitaria per le montagne di mezza Europa. Eppure i miti veri i sono duri a morire e basta un niente per riaccendere la leggenda di una vita da campione inimitabile. A volte basta una bicicletta. Una di quelle celestine costruite su misura per il Campionissimo da Edoardo Bianchi e con tanto di nome e di iniziali di Coppi. 

Alle mille vicissitudini vissute dalle 13-14 bici doc sopravvissute hanno appena dedicato un libro, Le bici di Fausto Coppi, edito da Ediciclo, due collezionisti come Paolo Amadori e Paolo Tullini, 29 euro). Un volume che ricostruisce i tanti e tortuosi giri d'Italia che i cimeli di Coppi hanno compiuto e quelli che hanno fatto i due autori per ritrovarle. Nel prezioso manuale di queste formule uno delle due ruote si dice tutto, episodi noti e sorprendenti aneddoti. Una vera chicca per gli appassionati che ancora oggi, anzi oggi più di ieri, percorrono in sella piste ciclabili e tornanti di montagna, magari aspirando anche loro a conquistare una cima Coppi.

Il libro è stato presentato in anteprima nella sede milanese del Touring Club Italiano; info: www.ediciclo.it