Capita, talvolta, che novità cruciali per il nostro Paese passino pressoché sotto silenzio. È il caso dell'esito del referendum svoltosi la scorsa settimana in Svizzera. Che ha approvato col 57 per cento di sì – ma in alcuni cantoni si è sfiorato il 70 per cento – il progetto del governo federale di affiancare una galleria gemella al traforo stradale del San Gottardo già esistente lungo l'asse di attraversamento delle Alpi che corre da Basilea al confine di Chiasso. Un'iniziativa che non nasce da pressioni della lobby dell'automobile, come alcune frange dell'estremismo ecologista hanno sostenuto nel corso della campagna referendaria, ma al contrario mette al sicuro il Canton Ticino e di riflesso gran parte dell'Italia settentrionale da un ingorgo logistico che avrebbe potuto prolungarsi per ben più di tre anni.

UN TRAFORO AMMALATO DI VECCHIAIA
Mentre la galleria ferroviaria di base del San Gottardo lunga 57 chilometri, si avvia trionfalmente all'inaugurazione nel prossimo giugno, aprendo la porta a collegamenti Milano-Zurigo in 2 ore e 40, contro le attuali 4 ore, il traforo stradale (lungo 17 chilometri) si prepara a compiere il 35esimo compleanno. Si tratta di una infrastruttura rapidamente invecchiata da molti punti di vista (nella foto sopra, l'incrocio con un camion in galleria), nonostante i radicali lavori di ristrutturazione degli impianti svolti dopo il tragico incendio del 2001 che fece registrare 11 vittime. Proprio da allora, per garantire una distanza di sicurezza di 150 metri tra i veicoli pesanti, si attua un sistema di dosaggio "a contagocce" che modula il traffico entro un tetto di mille unità orarie, con i camion che “pesano” quanto tre automobili. Chi ha percorso la Chiasso-Basilea qualche volta, magari nei periodi di maggiore flusso turistico (nella foto sotto), ha potuto toccare con mano le conseguenze in termini di incolonnamenti per chilometri di queste misure.

IL PIANO DI RISTRUTTURAZIONE

Il primo progetto di ristrutturazione della galleria stradale del San Gottardo, presentato ormai più di tre anni fa, prevedeva almeno tre anni (ma molti parlavano più realisticamente di cinque anni) di chiusura totale del traforo per un radicale risanamento che avrebbe dovuto essere portato a termine al più tardi tra il 2020 e il 2025. Per tutto il periodo dei lavori si sarebbe voluto trasferire su rotaia l'intero flusso di passeggeri e merci, approfittando dell'apertura della nuova galleria ferroviaria di base. Ma con conseguenze logistiche e ambientali non da poco, visto che sarebbe stato necessario allestire a monte e a valle dei due imbocchi della galleria stradale, a Erstfeld e Bodio, due gigantesche stazioni di interscambio strada-ferrovia con non meno di otto binari e altrettante banchine a filo vagone (nella foto sotto, la navetta in funzione negli anni Sessanta). Stazioni da demolire poi a lavoro finito. Senza dimenticare il contraccolpo sui tempi di percorrenza lungo la tratta Chiasso-Basilea con ripercussioni non indifferenti anche dal punto di vista turistico.

LA SARDEGNA DELLA SVIZZERA
Il Canton Ticino, infatti, lamentava di perdere per tutta la durata dei lavori la “continuità territoriale” col resto della Confederazione, trasformandosi in una specie di Sardegna della Svizzera. E, dall'altro versante, gli abitanti del cantone Uri protestavano preoccupati di vedere i loro territori trasformarsi in un gigantesco parcheggio di camion e trailer in coda per salire sulla navetta verso l'Italia. Argomenti che convinsero il Consiglio federale elvetico, con 25 voti contro 16, ad approvare il progetto per la costruzione di una seconda galleria stradale del San Gottardo, parallela alla prima, con una spesa di oltre due miliardi di euro. Progetto che, nonostante rispettasse il vincolo costituzionale di non incrementare i volumi di traffico previsti, era stato congelato dalla richiesta del referendum svoltosi il 28 febbraio.

E ORA CHE SUCCEDE?
Superato lo scoglio del referendum, il progetto del raddoppio del traforo del San Gottardo dovrebbe articolarsi in tre fasi. Nel corso del primo periodo, destinato a durare molto meno dei dieci anni necessari allo scavo della galleria del 1980 grazie all'adozione delle innovative tecnologie già usate per il tunnel ferroviario, l'obiettivo è realizzare e aprire al traffico la seconda galleria parallela a quella esistente e deviarvi i mezzi in transito in entrambe le direzioni. Seguirà una seconda fase, lunga da tre a cinque anni, nel corso della quale si risanerà – allargandone la sezione – la galleria più vecchia, potenziandone i sistemi di sicurezza, in particolare l'interscambio con le nuove strutture così da offrire più ampie vie di fuga in caso di incidenti o incendi.
A cantieri conclusi, indicativamente tra il 2025 e il 2030, sarà attivato il raddoppio vero e proprio. Che per rispettare il dettato costituzionale di limitazione del traffico di mezzi pesanti attraverso la catena alpina prevederà l'utilizzo di una sola corsia di marcia per galleria, affiancata da una corsia di emergenza. Un'ipotesi alternativa, legata anche allo sviluppo delle tecnologie di guida più avanzate, prevederebbe invece la marcia per file parallele in galleria, riservando a camion e furgoni la corsia destra e quella di sinistra alle auto.

LE POLEMICHE

Nonostante l'esito del referendum favorevole al progetto di raddoppio, i Verdi del canton Ticino denunciano come “la percentuale di merce trasportata su ferrovia al San Gottardo dal 1994, data in cui è partita l'Iniziativa delle Alpi, è diminuita dal 74 al 67 per cento invece di aumentare”. I ticinesi, sempre secondo i Verdi, “già non credevano alle vane promesse di mantenere una sola corsia di marcia per galleria, oggi chiedono alle autorità di dimostrare di non avere mentito, dicendo concretamente come intendono rispettare la protezione delle Alpi” che prevede un limite annuo di 650mila mezzi pesanti in transito lungo la direttrice Nord-Sud.