Già il nome è un bel raccontare. E non fatevi ingannare dal diminutivo. Se poi la attaccate quando il sole è allo zenith, il 26 di giugno e San Giovanni è passato da due giorni ma ha lasciato i fuochi sulla collina a riscaldarvi una zucca pelata come la mia, allora siete serviti. Lo sterro non è dei migliori, quest'anno. Troppo ghiaietto, poco compatto, la ruota slitta, s'infossa e costringe al piede a terra. Ci si ingegna a cercare un passaggio ai lati della strada, dove il fondo è più compatto, ma è dura.
Come per le stagioni, non ci sono più gli sterri di una volta. E neanche gli sterratori. Gli organizzatori avevano chiesto al Comune di dare una sistemata al fondo stradale. Ma lo strato di ghiaia depositata a pareggiare i solchi scavati dalle piogge delle scorse settimane, ha fatto più danni. E pazienza. Se c'è da scendere e spingere si spinge. Questo è lo spirito giusto. 
©Elena Borrone e Francesco Paolo Tosi
LA CAROVANA BELLE  ÉPOQUE
Dalla Rampina sono passati i circa trecento Mitici, la varia e variopinta compagnia di giro – intrepidi e comparsate, Girardenghi e Bottecchie reincarnati, belle lavanderine e baffoni belle époque – che ha animato la quarta edizione della ciclostorica dei Colli Tortonesi, dedicata a Fausto Coppi da Castellania e a tutto l'immaginario epico degli anni d'oro del ciclismo.
Maglie di lana e telai d'acciaio, tubolari a tracolla e borracce d'alluminio. Una due giorni che ha portato a Casa Coppi centinaia di cicloamatori e compagnia cantante. Centinaia di persone a scoprire che intorno al mito inossidabile del Grande Airone, che sopravvive e si alimenta di leggenda ogni anno che passa, c'è anche e soprattutto un territorio da scoprire. 
©Elena Borrone e Francesco Paolo Tosi
 
Colline a balcone sulla pianura coltivate come un antico giardino. Vigneti e frutteti a disegnare le coste come un velluto. Pievi e torri, cascine e ville di delizia. Terre di storici confini, ora piemontesi, ma già lombarde e non ancora liguri, dove l'aria mescola storie e tradizioni: il Barbarossa e le leggende intorno al Sacro Graal, i fasti degli Sforza; il Piemonte che per secoli bussa alle porte prima coi marchesi del Monferrato e poi con i Savoia; fino ai campi di battaglia napoleonici e Mayno de la Spinetta, Robin Hood dei boschi della Frascheta. 
E poi la pittura sociale di Pelizza da Volpedo e degli altri maestri del divisionismo conservati alla Pinacoteca di Tortona; e infine l'epopea del ciclismo, dal tortonese Giovanni Cuniolo, detto Manina, pioniere a pedali, a Costante Girardengo, l'Omino di Novi, al mito intramontabile di Fausto Coppi, fama e sventura, coraggio e fragilità, mondo contadino e celebrità internazionale. Fausto Coppi, una parola magica in ogni angolo del mondo dove sia arrivata la leggenda del ciclismo.
©Elena Borrone e Francesco Paolo Tosi
 
RIFORNIMENTO PESCHE E IDROLITINA
La Rampina, dicevamo. Al termine della salita della Rampina, tra i vigneti di Barbera e Cortese, c'è uno striscione. C'è scritto RIFORNIMENTO. Un mastello pieno d'acqua e una spugna. Un banchetto di pesche e albicocche, acqua e idrolitina. E una famiglia. La famiglia Rossi. Pressoché al completo. Meno male. Sui cavalcavia delle autostrade si vede scritto “Dio c'è”. A me rassicura, senza tema di blasfemia, pensare all'inizio della Rampina che “Gianni Rossi c'è”.
Gianni Rossi infatti c'è sempre. C'è sempre quando sulle strade del Tortonese corre la passione sportiva. Quella genuina, generosa, senza interessi, che si pratica solo per il gusto di tramandare le storie, le leggende, e per sentirsi da quelle affratellati in un abbraccio, siano esse quelle immortali del Grande Fausto o quelle dei Leoni del Derthona Calcio, storie locali e universali al tempo stesso, che fanno simile il Brasile pentacampeon alla Terza Categoria, il torneo oratoriale al Grande Torino. Amico Gianni Rossi, amico di un mondo di amici: amicizia coltivata a pane e salame, a tappi che saltano dal collo delle bottiglie, e a racconti, e confessioni messe lì, con discrezione, senza farle troppo pesare. Ma che salvano il cuore quando serve.
©Elena Borrone e Francesco Paolo Tosi
 

COLLI TORTONESI RISERVA INDIANA
Gianni Rossi – con i figli, i nipoti, i cugini, gli amici intorno - è una tribù come i Cherokee o i Navajos. Forse in estinzione. Lo riconosce anche il ciclista con la faccia da vecchio Truman Capote che è salito alla Rampina con una maglia azzurra con scritto Cycle Italia. Viene dallo Iowa, parla con Gianni Rossi nel linguaggio universale della sete e del ciclismo: basta la parola magica “Fausto Coppi”. E mi presta una pompa vera. Ho appena forato: a veder il pompetto mignon con cui sto armeggiando s'impietosisce e me ne allunga una che mi fa fare meno fatica. “It's ok, now?” mi sorridono le sue efelidi. “It's all right, mister Capote” gli rispondo.

Gianni Rossi e i tre nipoti, Tommy, Benedetta e Stella, allungano bicchieri e timbrano i cartellini di controllo. A me più o meno il timbro dice così: “Sei passato dalla Rampina, adesso che sei rosso come un pollo strinato puoi tirare dritto verso il traguardo di Castellania”. Mancano ancora una decina di chilometri, ma ci arriveremo. I Colli Tortonesi li avessero in California diventerebbero subito un Best Of di qualche cosa che non puoi non fare prima di morire. Ma ce li abbiamo noi, e a me basta sapere che ci posso trovare quando voglio il Gianni Rossi e gli altri Mitici come lui. 
©Elena Borrone e Francesco Paolo Tosi