Il turismo non è soltanto uno dei principali settori economici del Paese ma si conferma anche un importante strumento di coesione sociale, dettaglio non irrilevante in un momento storico così difficile per molti, in quanto riesce a offrire opportunità lavorative a fasce di popolazione che potremmo definire, per motivi diversi, “svantaggiate”: giovani, donne e immigrati.

Se è nota a tutti, infatti, la principale criticità dell’occupazione turistica – la stagionalità – non altrettanto frequentemente si parla dell’apporto del settore nel miglioramento degli equilibri sociali.

Cominciamo dai giovani. Secondo l’Eurostat, nel 2011 nel settore dell’ospitalità il 40,9% degli occupati nei Paesi UE 27 aveva un’età compresa tra i 15 e i 34 anni, percentuale molto più elevata rispetto al medesimo dato di tutti i settori economici (32%). L’Italia non fa eccezione con un’incidenza di giovani nel settore dell’ospitalità (32,6%) superiore alla media (26,4%) ma, purtroppo, con quote ancora lontane da quelle europee.

Proseguiamo con le donne. Sempre nel 2011, in Europa esse rappresentavano il 60,7% della forza lavoro nel settore ricettivo contro un dato medio di tutti i settori del 45,5%. Pur se con percentuali più basse, il trend italiano è analogo a quello della UE 27: più donne nel settore dell’ospitalità (51,7%) rispetto alla media generale (40,7%). Esistono, però, differenze significative tra le varie aree del Paese: nel Mezzogiorno le donne impiegate nel settore ricettivo sono il 40,9% contro il 51,9% del Centro e il 54,9% del Nord Italia.

Anche per gli stranieri il turismo è una fonte importante di lavoro: secondo l’Istat, il 17,2% degli immigrati che lavoravano in Italia nel 2010 era riconducibile al macrosettore commercio, alberghi e ristoranti, il terzo in ordine di importanza dopo l’industria in senso stretto (19,5%) e i servizi domestici alle famiglie (18,8%).