Fausto Coppi al Trofeo Baracchi, Gianni Brera e la cronaca della presunta ultima corsa del “Cigno”, il Touring Club (ciclistico) Italiano e la Federazione Ciclistica Italiana. Le passioni si muovono in fretta quando si va a ritmo di pedale.
 
E proprio la passione condivisa per il mondo della bicicletta declinata in tutte le sue espressioni ha segnato l’incontro tra Lamberto Mancini, Direttore generale del TCI e Renato di Rocco, rieletto (per la quarta volta) nel gennaio 2017 al vertice della Federazione Ciclistica Italiana.
Un incontro al vertice per rinsaldare la collaborazione ed esplorare nuovi ambiti progettuali tra due vere e proprie istituzioni italiane che sempre hanno considerato la bicicletta strumento di viaggio, conoscenza, sport e cultura.
Lamberto Mancini e Renato di Rocco, con lo storico ritratto di Fausto Coppi in primo piano 
L'OMAGGIO DEL TCI
Con questi valori sullo sfondo, Lamberto Mancini a nome del Touring ha omaggiato di Rocco e la Federazione Ciclistica Italiana con uno straordinario documento custodito negli Archivi TCI.
 
In uno scatto d’epoca, Fausto Coppi è immortalato in primo piano a spingere i rapporti sugli ultimi chilometri di una cronometro del Trofeo Baracchi, sul tragitto lombardo da Bergamo a Milano. Era il 4 novembre del 1957, e forse era anche l’ultima volta che "il cigno" vinceva in bicicletta.
Sul retro della fotografia, a corredare il dono simbolico del TCI, la cronaca della gara tratta dalla penna del “Giuan” Brera:

“Viene il ’57, anno dell’ultima vittoria. Per il primo marzo lo scrittura come sempre Franco Pretti, margravio di Sardegna. In programma il Circuito di Sassari, una sgambata che si augura salutare. Poi, gli altri faranno il giro di Sardegna a tappe. Pedala bene, sciolto, ordinato, regolare. Il gruppo dei primi è folto quanto basta per consentire inerzie favorevoli.
Tutto sembra procedere per il meglio (e dopo andrà a tordi, come sempre): d’improvviso gli manca la ruota anteriore sulla ghiaietta nuova d’una curva neppure tanto difficile: parte di schianto, atterra sul fianco sinistro ricevendosi male: abrasioni su tutta la coscia: dolore lancinante all’anca: all’ospedale un responso tristissimo: è saltato il collo anatomico del femore. “Dio voglia”, si augurano gli ortopedici, “che riesca a camminare ancora senza il bastone”.
Questa volta verrebbe fatto di insultarlo. Può un idolo sportivo destare compassione nei suoi stessi tifosi e negli amici? Ha il diritto di destare questi sentimenti che offendono chi gli vuol bene? Dice che anche la Dama lo esorti a togliersi fuori. Lui risponde incupendosi a mugugni o a ringhi. I conti li fa lui e sa bene cosa dicono. Dunque si fa operare e torna a correre.
Se cammina pare un po’ zoppo (lo vedrò a caccia in settembre): ha l’impaccio dei cigni fuori dall’acqua, ma in sella è ancora un principe di ineguagliabile stile. E come Mino Baracchi gli propone di correre il suo Gran Premio in coppia con Ercole Baldini, nuovo primatista dell’ora, lui si commuove per la degnazione e accetta. Ha sufficiente orgoglio per potersi dir grato a questo giovane che trionfa. La coppia Baldini-Coppi riesce a vincere senza dominare. Mi confessa Fausto di aver penato come mai in vita sua per tenere quella ruota prepotente: ce l’ha fatta ma si ritrova sfinito, e persino mortificato di esserlo tanto. Nessuno sa né potrebbe sapere che questa sarà l’ultima vittoria di Fausto Coppi. Ha da poco compiuto i 38 anni.”
Gianni Brera, Coppi e il diavolo (Rizzoli, 1981)