Alla volte per partire e trovare qualcosa da raccontare non serve andare lontano, basta tornare a casa. Sembra essere questo il messaggio del numero 124 di Granta, la rivista britannica dedicata alla scrittura che grossomodo ogni cinque anni dedica un numero speciale al viaggio. Il primo fu il numero 10 della rivista, uscito nel 1983. Partiva da un assunto di base: la rinascita del genere travel writing dopo il grande successo degli anni Venti e Trenta, la nostalgia per avventure che non fossero per forza esperienza turistiche. Raccoglieva articoli di grandi narratori come Gabriel Garcia Marquez e Saul Bellow, ma soprattutto pezzi dei migliori scrittori di viaggio di un paio di generazioni dall'allora nuovo Bruce Chatwin a Norman Lewis, di Paul Theroux a Colin Thubron.

L'appuntamento con questo monografico dedicato al viaggio si è rinnovato di volta in volta. Nel 1989 l'edizione curata da Bill Burford, la numero 26 il cui titolo era un manifesto “In trouble again” includeva articoli di Ryszard Kapuscinski alle prese con il fronte Polisario, Colin Thubron sulla via della Seta, il diario di Timothy Garton Ash dalla Varsavia della rivoluzione, Bill Bryson da Des Moines e Hans Magnus Enzensberger intento a raccontare le stravaganze degli italiani. Insomma, tutta gente che ha fatto del viaggio e del suo racconto la sua ragione di vita.

Questa volta invece la scelta è stata diversa. Basta scrittori di viaggio che raccontano di meravigliose avventure in posti stravaganti, largo a narratori che parlano di cose vicine, ma con un occhio e un'attenzione del tutto nuova, come testimonia la passeggiata di Haruki Murakami nei luoghi della sua infanzia o le incursioni nel sottosuolo britannico di Robert Macfarlane. Il perché di queste scelte lo spiega la curatrice, Yuka Igarashi in quest'intervista.

Come è cambiata la scrittura di viaggio dalla prima edizione del 1983?

Una delle cose più interessanti di questo nuovo numero della nostra rivista dedicato al viaggio è costatare come le idee di viaggio e casa sia diventata più complessa. Più che esplorare terre esotiche alcuni scrittori stanno tornando a casa dopo anni altrove e guardano ai luoghi con uno sguardo differente; altri invece stanno frugando nel mondo nascosto vicino casa.

È una impressione o in questo numero ci sono sempre meno scrittori di viaggio, mentre la maggioranza è costituita da scrittori migranti che raccontano delle loro patrie vecchie e nuove?

La nostra relazione con i luoghi è cambiata ed è diventata molto più dinamica e anche l'etichetta “scrittori migranti” meriterebbe di essere aggiornata. È difficile dire quando sei a casa e quando sei in viaggio, chi è l'espatriato e chi è il nativo. Nella raccolta c'è un racconto di Rattawut Lapcharoensap (uno scrittore americano di origini thailandesi) che amo molto e spiega bene questo, in una maniera molto divertente e strana. Il protagonista è un americano che viene rapito mentre viaggia per l'Asia sud orientale e ovviamente si comporta come si comporterebbe qualsiasi americano rapito in giro per il mondo, ma lui assomiglia ai suoi rapitori e il nome sul suo passaporto denuncia che lui ha le loro stesse origini, perché i suoi genitori sono di lì. E da lì nasce una storia divertente e significativa.

Dunque la scrittura di viaggio non è finita, essendo finiti i luoghi sconosciuti di cui scrivere?

Ma i luoghi da esplorare non sono finiti. La settimana scorsa ero con la mia bicicletta a Londra dove abito, ho sbagliato a girare a un incrocio e mi sono ritrovato in un piccolo quartiere che non conoscevo. Ed ero a soli dieci minuti da casa mia. Londra è un posto così, ma tutto il mondo è pieno di esperienza come questa. In questo numero c'è un pezzo di Robert Macfarlane che scende sottoterra per esplorare le grotte del Peak district, in Inghilterra. Sono a venti chilometri da dove sono cresciuta, ma Macfarlane ci mostra un mondo completamente nuovo, per lui e per noi.

Leggendo i racconti di questo numero si ha l'impressione che la scrittura di viaggio contemporanea sia più attenta a parlare delle persone che dei luoghi. C'è stato un cambiamento, o è sempre stata così?

Probabilmente la scrittura di viaggio è sempre state attenta alle persone: alle persone particolari che si incontrano in posti particolari. Questo numero include grandi ritratti di persone nel loro contesto. Il racconto di Siddhartha Mukherjee, I perfetti ultimi giorni di Mr Sengupta, è un buon esempio. Il protagonista è un medico che viaggia fino a un ospedale a Nuova Delhi. Il racconto riesce a rendere l'atmosfera complessiva dell'ospedale, ma si concentra su un pazienta particolare.

Che cosa rende questi pezzi differenti da quelli che siamo abituati a leggere nelle riviste di viaggio?

La profondità. I nostri collaboratori hanno lo spazio di frugare davvero nelle loro storie. Non solo, il modo di scrivere di Granta è molto soggettivo, centrato sul narratore. Questo non significa che tutto sia un resoconto soggettivo. Ma anche nei pezzi più seri – come Sonia Faleiro che investiga sul lavoro minorile in India e Héctor Abad che visita le ultime comunità indigine dell'Amazzonia – gli scrittori stanno scrutando dentro loro stessi, le loro motivazioni, le loro storie, le loro reazioni ai luoghi, e il tutto nello stesso momento in cui guardano e cercano di capire quel che vedono. Solo così puoi dire che hanno messo tutto loro stessi per fare esperienza del luogo dove si trovano.