Per tutto maggio 2017, il sito del Touring Club Italiano - in collaborazione con Hertz - segue il Giro d'Italia edizione numero 100, partito il 5 maggio da Alghero per concludersi il 28 maggio a Milano. A raccontarci le tante storie del Giro d'italia 2017 è Gino Cervi, scrittore e giornalista, nonché cultore di storia del ciclismo, autore di volumi di storia dello sport e curatore di guide turistiche (tra cui molte del Touring Club Italiano). Seguiteci lungo le strade del nostro Bel Paese!
L'ULTIMA PARTITA A CARTE
Stanchi di giocare ci sdraiavamo ai piedi dei Quattro larici e a voce alta leggevo libri di avventure; ognuno di noi era un personaggio: Corsaro Verde, Penna di Falco, Sandokan, Kim, il Capitano. Al tramonto salivamo tutti sulla cima degli alberi, ognuno aveva il suo, e, da lassù, si osservava in silenzio il cielo dove vagavano fantastiche nuvole rosse”.
Asiago, 27 maggio. La penultima tappa del Giro d'Italia si è appena conclusa. La sala stampa allestita nel Palazzo del ghiaccio senza ghiaccio è piena di giornalisti che iniziano a scrivere le cronache e i commenti e a introdurre il gran finale di domani. 29 km a cronometro dal Parco di Monza in piazza del Duomo, a Milano che deciderà la centesima edizione della Corsa rosa. Ci sono quattro corridori in 53'', sei in 1'30''. A memoria difficile trovare nella storia del Giro un finale più incerto. Gli esperti dicono che Dumoulin è troppo più forte degli altri, e che alla crono di Montefalco, le ha suonate a tutti: a Nibali e a Quintana, a Pinot e a Zakarin, tutti finiti a due minuti e più. Ma c'è chi ribatte che sono per l'appunto passati dieci giorni, e duemila chilometri, e che la condizione, di gambe e di testa, dei concorrenti è certamente diversa da quella del 16 maggio.
Quintana, che dei cinque contendenti è forse il meno accreditato a cronometro, ha però indosso la maglia rosa che sappiamo può far fare miracoli, soprattutto quando sei a un passo da portarla a casa per la seconda volta in carriera. Pinot e Zakarin sono quelli che stanno meglio in questo finale corso in crescendo. Nibali dalla sua ha il tifo nazionale e ha già dimostrato altre volte di saper tirar fuori le risorse giuste nei momenti più duri della corsa. Certo, l'olandese di Maastricht, distrazioni fisiologiche a parte, può contare sui trenta chilometri piatti come un tavolo lungo i quali spingere al massimo il suo motore da cronoman che ha un cilindrata più alta degli avversari.
Che volete di più dall'ultima tappa del Giro? Verrebbe da dire “un lucano”, se non fosse che per Mimmo Pozzovivo, il “piccolo corridore, buone gambe e molto cuore”, come ce lo presentava Gianni Rodari a Reggio Emilia, non basterebbe mettere uno in fila all'altro tutti i cavalcavia da Monza a Milano per fare una salita abbastanza “arcigna” per le sue pedalate.
 
UNA CROCE E UN'AIUOLA
Mentre tutti in sala stampa s'interrogano e fanno pronostici - tecnici, sentimentali, ciclomantici – esco dal palazzo del ghiaccio e prendo via Ceresara, che forse un tempo aveva intorno più alberi di ciliegie che villette, e arrivo al cimitero di Asiago. Sono le 17.45 e il cartello dell'orario dice che il cancello dovrebbe essere chiuso da almeno tre quarti d'ora. Ma invece lo trovo aperto ed entro. Il cimitero è grande, dentro non c'è un'anima – o almeno credo – , del custode neanche l'ombra.
Come faccio a trovarla la tomba che cerco? Il nome è tra i più comuni e ricorre su decine e decine di lapidi. Mi viene in mente che ho visto una foto su Internet. Ma la connessione non prende. Sono già passate le 18 e il rischio di restare chiuso dentro comincia a diventare concreto. Poi però la foto compare sul display dello smartphone. Dalle cappelle sullo sfondo riesco a identificare il settore del cimitero. E finalmente la trovo. È una tomba semplicissima: una croce di grezzo marmo bianco – recuperata da quella che fu del nonno, morto nel 1936 – , sopra a una piccola aiuola rettangolare ben coltivata di fiori colorati. Alla base della croce, nessuna data e solo il nome: MARIO RIGONI STERN.
Qualcuno ha lasciato dei piccoli ricordi: delle pietre, una mostrina da sergente maggiore, una penna di un cappello di alpino. Intorno silenzio. I rumori del Giro d'Italia sono rimasti lontani, su in paese.
Negli ultimi anni di vita, Rigoni tornava spesso al cimitero di Asiago, la sua Spoon River. Passava tra le tombe dei genitori, dei parenti e degli amici, della vecchia maestra, delle “ragazze con le quali cacciavo le farfalle” e della “guardia comunale che ci faceva correre quando eravamo troppo invadenti”. Ormai, diceva, conosceva più persone qui che quelle che stavano in paese.Tutto questo – scriveva – non è greve; è invece ritrovare memorie e dolce malinconia, non memorie cattive o fastidiose, o sensi di rabbia, o di rammarico per eventuali torti subiti”.
Quando morì il suo amico Primo Levi, Rigoni Stern gli scrisse una lettera. Riportava una poesia, inedita, che Levi e aveva dedicato a lui e a Nuto Revelli. Questa:
Ho due fratelli con molta vita alle spalle
nati all'ombra delle montagne.
Hanno imparato l'indignazione
nella neve di un paese lontano,
ed hanno scritto libri non inutili.
Come me, hanno tollerato la vista
di Medusa, che non li ha impietriti.
Non si sono lasciati impietrire
dalla lenta nevicata dei giorni.

Rigoni Stern decise di renderla pubblica.
“Io, oggi, la rivelo perché tu, più di ogni altro, non ti sei lasciato impietrire 'dalla lenta nevicata dei giorni'. Ieri, caro Primo, era una giornata splendida di primavera e le api raccoglievano polline e nettare dai crochi e dalle eriche. Ho visto il ritorno delle prime rondini e il bosco risuonava dei canti degli uccelli in amore. Ma io piangevo perchè tu te n'eri andato. Oggi il cielo è velato e un temporale gira per le montagne. Ma non piango più perché ho nel cuore il tesoro che tu mi hai lasciato e che mi aiuta a essere meno stupido e meno cattivo. Ciao Primo, arrivederci tra quelle nostre montagne nascoste; te lo voglio dire, anche se tu sorridi mesto a questo mio 'arrivederci'”.
 
AI QUATTRO LARICI
Stanco di giocare a fare l'inviato al Giro sono andato a cercare i quattro larici. Le indicazioni dicevano di cercare Villa Zecchin, alle spalle del nuovo edificio dell'Istituto di istruzione superiore. Ci arrivo in un quarto d'ora. Ma trovo la villa recintata da un cantiere edilizio. Dei larici nessuna traccia. Controllo su Internet. Lo scorso anno, proprio a maggio, nel corso dei lavori di ampliamento della sede dell'edificio, i quattro larici sono stati abbattuti. C'è chi dice che erano malati, qualcuno pericolante, che impedivano l'ammodernamento della struttura. Leggo che c'è stata qualche polemica sui giornali locali. Hanno chiesto al preside dell'Istituto, che è intitolato a Mario Rigoni Stern. Ha detto che non sapeva che quelli fossero i larici che compaiono nella prefazione dell'edizione per le scuole del Sergente nella neve (1965). Hanno chiesto perché anche al sindaco di Asiago, che si chiama Rigoni Stern. Ha spiegato che è stato un errore.

Rigoni sapeva che la vita è piena di orrori, e di certo avrebbe perdonato questo errore, o questo torto. Quello che è importante è che gli errori, come gli orrori, non diventino pietre, e che dagli orrori, e dagli errori, non ci si lasci impietrire.
Ho preso la strada che saliva su un dosso erboso, verso il Sacrario. Lontano si sentiva l'indaffarato smontare del villaggio itinerante del Giro. Non saranno stati gli stessi, ma mi sono sdraiato anch'io ai piedi di un gruppo di larici. Domani il Giro “rivarà a baita” e la sua avventura dirà se nell'ultima partita a carte e contro il tempo a vincere saranno 'Tomle' Dumoulin o Vincenzo il Sergentmagiù, il malgaro Quintana, l'apicultore Pinot o l'urogallo Zakarin.
Il "Giro del Touring" è realizzato in collaborazione con Hertz, partner storico dell'associazione, che ha messo a disposizione di Gino Cervi una vettura ibrida Hertz Green Collection per seguire le tappe della Corsa Rosa. 
IL GIRO DEL TOURING - TUTTE LE PUNTATE