Nel numero di febbraio di Qui Touring, che in questi giorni sta raggiungendo le case dei soci Tci, abbiamo scelto di dedicare il Primopiano a quelle realtà che operano nei Paesi del Terzo Mondo e che sempre più, negli ultimi anni, accanto alle proprie attività centrali di sostegno delle popolazioni locali hanno realizzato spazi per un turismo consapevole.

Spazi in cui è possibile ospitare chi vuole conoscere davvero la realtà di quei Paesi, senza paraocchi e senza il filtro dei viaggi organizzati, e al tempo stesso toccare con mano l’opera di associazioni umanitarie, onlus e missioni. Un modo di viaggiare diverso, a volte impegnativo, ma che, come raccontano a Qui Touring numerosi testimoni, ha sempre lasciato un’impronta profonda e il desiderio sincero di dare una mano.

Una delle associazioni che abbiamo incontrato è Avsi, da quasi quarant’anni attiva con progetti rivolti soprattutto all’educazione e alla crescita dei bambini in numerosi Paesi di Africa, Asia, Europa dell’Est, America Latina e Caraibi. Dal 1999 Avsi è presente anche a Port au Prince, la capitale di Haiti, devastata come il resto del Paese dal terremoto del 12 gennaio. Come molte altre onlus e associazioni umanitarie – tra queste segnaliamo la Caritas italiana, Medici senza frontiere, Intervita – anche Avsi si è attivata raccogliendo fondi e donazioni a sostegno della popolazione haitiana, che da giorni vive in condizioni drammatiche tra le macerie delle proprie case e nel dolore per la morte dei propri cari.

Su Qui Touring abbiamo voluto dare uno spazio a queste realtà che sempre, nel quotidiano, e non solo in questi momenti di grande emergenza e di emozione collettiva, operano in condizioni spesso difficili per aiutare chi soffre. Il servizio su Qui Touring ci dà lo spunto per invitare tutti a sostenere per quanto possibile la popolazione di Haiti, ma anche a non dimenticare tutte le altre realtà, dai profughi del Darfur alle favelas brasiliane, dalle coste devastate dello Sri Lanka al dramma dei minori nel SudEst asiatico, che vivono ogni giorno, senza i riflettori dei mass media internazionali puntati addosso, la propria tragedia umana. Perché ricordare è il primo passo per aiutare.