Venerdì sera, orario di uscita dalla redazione. In ascensore controllo dallo smartphone che la stazione di BikeMi più vicina abbia ancora biciclette. Sì, una c'è (su 24 previste) e la prospettiva, pedalando, di guadagnare un quarto d'ora nel percorso verso casa rischiara la serata. Nel momento in cui giro l'angolo e posso vedere la stazione di Bikemi, dal lato opposto della via arriva un ragazzo che “striscia” la tessera sulla colonnina e mi sfila sotto il naso l'ultima due ruote disponibile. Sto già “santiando” (copyright Camilleri) che, come una freccia, arriva una signora in tailleur e caschetto con led luminoso lampeggiante. Aggancia la bici e io mi precipito a recuperarla, pedalando tranquillo verso la stazione della metro che mi porterà a casa.

Una parabola dolceamara? No, a cinque anni dall'avvio – il 3 dicembre 2008 – la realtà quotidiana di chi abita a Milano e, in generale, lavora e si sposta in centro. In base ai dati ufficiali, 24.478 abbonati che si dividono le 3.370 biciclette disponibili, distribuite su oltre 180 stazioni di consegna/prelievo distribuite nell'area semicentrale della città. Ma anche un must per molti visitatori della metropoli, considerato che negli ultimi 12 mesi agli abbonati si sono affiancati pure più di 43mila utenti occasionali, in gran parte non residenti i città e molto spesso stranieri. Tant'è che l'ultimo bilancio parla di 1.789.959 prelievi di biciclette. Il che, calcolatore alla mano, dà come risultato una media di 70 utilizzi all'anno per ciascun abbonato, tasso tra i più alti tra quelli resi noti dai bike sharing di tutto il mondo.

Un “modello Milano” favorito dalla presenza di area C, la tassa giornaliera sulle auto che di certo incentivato l'uso delle due ruote, non foss'altro per aver calmierato il numero dei mezzi che vi penetrano, riducendo i rischi per i ciclisti. Senza dimenticare l'eliminazione del “problema furto”, spina nel fianco dei pedalatori cittadini insieme al “ma dove la lego?” e sottolineando invece il ruolo sussidiario del bike sharing: per andare da A a B uso la metro da A a C e raggiungo poi B con 10 minuti di bicicletta, anche se non c'è una stazione della sotterranea a portata di mano.

Un servizio senza ombre quello di BikeMi? No. Molti i successi ma pure parecchi i problemi, primo tra tutti la difficoltà di affrontare la saturazione nelle ore di punta quando non è raro trovare la stazione deserta di biciclette se ti serve di prelevare o la rastrelliera piena se devi restituire la due ruote. E, onestamente, il sistema di carrelli navetta che compensano i flussi in eccesso potrebbe funzionare meglio. Come pure una app “ufficiale” per smartphone che funziona a singhiozzo e costringe a ricorrere a quelle, molto più valide, di terzi. Anche un po' più di manutenzione alle bici non guasterebbe: pesanti sono pesanti (i cicloamatori dicono “sono cancelli, non biciclette”), ma i cambi a tre rapporti sono spesso un punto di vista, almeno come le gomme un po'sgonfie e i freni che bloccano (o no) all'improvviso. Senza dimenticare i capricci in presa e consegna che costringono a ricorrere al call center, questo sì sempre efficientissimo e di rara cortesia.

E poi? Poi arriva Expo2015 e gli abbonati a BikeMi tengono incrociate le dita: ce la farà a reggere l'ondata? In 25mila (l'equivalente degli abitanti di Lentini o di Seriate) ce lo auguriamo vivamente!

Info: www.bikemi.it.