Alle volte nella vita non resta altro che fare di necessità virtù, e ingegnarsi per prendere il meglio dalle situazioni contingenti. Il che detto così suona come una di quelle frasi consolatorie che si dicono a un amico cui va tutto male mentre gli si fa “pat pat” sulle spalle e non come l’inizio di un reportage di viaggio. Però è una considerazione che viene naturale quando si è intrapreso un viaggio sulla costa irlandese per vivere un’esperienza che l’ente del turismo presenta come “Island & Hiking” e nel periodo del suddetto viaggio (settimana scorsa) il Paese è sferzato dalla peggior tempesta degli ultimi 20 anni, parente stretta dell'uragano che ha spaventato New York. Venti a 140 chilometri all’ora, mare in burrasca e pioggia a catinelle. Risultato: impossibile avvicinarsi alle isole e men che meno passeggiare. Dunque che fare? Chiudersi in un pub e bere una Guinness dopo l’altra?

 

Qui viene in soccorso l’arte di arrangiarsi irlandese che stupisce il visitatore italiano, abituato a considerare il proprio Paese come il maestro indiscusso di quest’arte. Insomma, per farla breve: consapevoli che “chisto non è o’ paesi du suli”, ma che il tempo da questa parti (siamo all’estremo occidentale dell’Irlanda, nella contea di Kerry) è sempre quello che è, in tempi non sospetti hanno hanno creato dei piccoli musei che permettono di avere un assaggio, all’asciutto, di quello che si trova in mezzo all’Atlantico. Per esempio le due isole di Skellig Micheal e Great Blasket.

 

 

Un’idea semplice e geniale allo stesso tempo. I turisti infatti arrivano attratti dalla fama delle due piccole isole e vorrebbero visitarle di persona. Ma molto spesso il mare è troppo agitato e non si riesce ad attraccare con il traghetto (nel mese di agosto a Skellig si è potuti arrivare solo due volte). Dunque le isole si vedono solo dalla costa, quando si vedono. “Disappointing”, direbbero da queste parti. "Una sfortuna del cavolo", si direbbe da noi.

 

 

Senonché grazie al contributo dell’Unione Europea a cavallo del duemila il governo ha creato quelle che pomposamente vengono chiamate “Island experiences”. Ovvero due piccoli musei dove si può vedere un documentario di una ventina di minuti sulla storia di ognuna delle due isole, e girare nella sale che raccolgono cimeli, testimonianze e fotografie. Oltre che acquistare cimeli irlandesi di vario genere (dalle magliette verdi della nazionale di rugby ai cd di musica celtica) e bersi una pinta nei caldi caffè che fanno da contorno a ogni struttura.

 

 

Il museo che si trova di fronte a Portmegee, sulla costa di Valentia Island, è dedicato alla più affascinante delle due: l’isola di Skelly Micheal. Un gigantesco scoglio di ardesia che si leva dalle acque dell’Atlantico a poche miglia di distanza dalla costa del Kerry. Un’isola inospitale, tutto rocce a stropiombo e un’unica macchia verde, abbarbicata nella parte superiore dell’isola, dove nel VI secolo d.C. venne a vivere una comunità di monaci cristiani. Edificarono la spettacolare abbazia di San Finian: una piccola chiesa con sei cellette a nido d’ape che ospitavano i 12 monaci di Skelly. Vissero su quest’isola remota scelta perché potevano stare più vicini a Dio per oltre sei secoli, fino a quando le invasioni vichinghe e il cambiamento climatico non resero proibitivo viverci tutto l’anno. Oggi, a contingenti limitati di non più di 200 persone al giorno, si può vivere l’esperienza di risalire i 651 gradini verticali scavati nella pietra che portano all’abbazia. Un’esperienza che però si riesce a fare solo con tempo bello e mare calmo. Altrimenti non rimane che andare alla Skelly Experience.

 

 

Stessa cosa dicasi per l’isola di Great Blasket. Si trova solo a un paio di miglia dalla penisola di Dingle, ma il tratto di mare che le separa dalla costa è infido e traditore, per cui non sempre è possibile arrivarci, anche se in estate c’è un servizio di ferry che facilita l’impresa. Comunque se non si riesce non rimane che andare al museo. Si trova nel villaggio di Dunquin e si chiama Ionad an Bhlascaoid Mhoir. Racconta, attraverso un video e una dozzina di sale interattive, la storia di quest’isola di scrittori abbandonata da tutti i suoi abitanti nel 1953. In quell’anno il governo decise che non era in grado di garantire l’incolumità degli abitanti e li obbligò all’esodo sulla terraferma. Rimase solo una famiglia, ma senza l’appoggio del resto della comunità la vita sull’ìsola era impossibile: dopo tre mesi fu costretta ad abbandonare. Ora ai discendenti di questa temeraria famiglia non rimane che andare alla Blasket Experience e sentirsi raccontare la storia della propria isola. E magari provare a tradurre in gaelico il motto che si dice a Milano in queste situazioni: "Piutost che nient....l'è mei piutost".

 

 

 

Info: Skellig experience, qui

 

 

 

Ente del turismo irlandese in Italia, Piazzale Cantore  4, 20123 Milano,  tel: 02.581773.