RIFORMA DELLA LEGGE SULLE AREE NATURALI PROTETTE: NESSUNA VALIDA GIUSTIFICAZIONE PER L’URGENZA DELL’APPROVAZIONE DA PARTE DEL PARLAMENTO

Martedì 10 settembre il Senato è convocato per votare la dichiarazione di urgenza, ex art. 81 del Regolamento, per il disegno di legge n.119 sulla riforma della Legge quadro sulle aree naturali protette L.n.394/1991, presentato dal Senatore D'Alì, che ripropone integralmente il testo del disegno di legge che la Commissione Ambiente del Senato ha approvato in sede deliberante il 21 dicembre 2012, il giorno prima dell'anticipato scioglimento della scorsa legislatura.

Touring Club Italiano, Fai, Italia Nostra, Lipu, Mountain Wilderness, Pronatura e Wwf Italia considerano grave l’ipotesi di una dichiarazione d’urgenza per la discussione della proposta di modifica della normativa di riferimento per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette nel nostro paese.

La modifica della Legge quadro sulle aree naturali protette, dopo oltre vent’anni dalla sua approvazione, non può prescindere da una seria valutazione sull’applicazione della normativa e sullo stato dei parchi e delle riserve naturali nel nostro paese.

Le sette Associazioni lanciano un appello al Senato per scongiurare la dichiarazione d’urgenza sul disegno di legge D’Alì e chiedono l’avvio di un ampio confronto con tutte le parti interessate sul rilancio del ruolo dei parchi e delle riserve naturali per garantire una efficace conservazione del patrimonio naturale del Paese.

Non esiste in realtà nessuna valida motivazione che giustificherebbe la dichiarazione d’urgenza della modifica della Legge quadro, anche in considerazione delle recenti modifiche subite dalla normativa per la definizione della nuova composizione dei consigli direttivi del Parchi nazionali, a seguito di uno specifico Decreto del Presidente della Repubblica.

Le maggiori Associazioni ambientaliste non condividono le proposte di riforma della Legge 394/1991 presenti nel disegno di legge n.119 del Senatore D’Alì per almeno 4 motivi:

1. perché verrebbero rivisti gli equilibri, in modo evidente e comprensibile anche per i non addetti ai lavori, tra coloro che rappresentano negli enti di gestione interessi nazionali generali e chi rappresenta interessi particolari e privati. Nessuno intende contrapporre i legittimi interessi delle comunità locali alle esigenze di tutela della natura ma è quanto mai opportuno nel nostro Paese assicurare il rispetto di quella gerarchia di valori ribadita in più occasioni dalla Corte Costituzionale per la quale la tutela dell’ambiente dovrebbe prevalere sempre su qualunque interesse economico privato.

2. è piena d’insidie la distinzione artificiosa che si vorrebbe introdurre tra attività venatoria e controllo della fauna selvatica, pur con la supervisione dell’ISPRA, l’Istituto di ricerca del Ministero dell’Ambiente. Si prevede di fatto un diretto coinvolgimento dei cacciatori nella gestione della fauna all’interno delle aree naturali protette. La normativa attuale già consente interventi da parte degli Enti Parco per la gestione dei problemi che alcune specie, essenzialmente il cinghiale, possono determinare se presenti in sovrannumero. La riforma prevista rischia di aprire le porte alla caccia nei parchi per interessi lontani dalla conservazione della biodiversità nel nostro paese.

3. manca inoltre, come indispensabile premessa ad ogni ipotesi di riforma della Legge attuale, una seria analisi dei problemi nella gestione dei parchi in relazione al ruolo centrale che dovrebbero svolgere per la tutela della natura. Risale infatti al 2002, cioè alla seconda Conferenza nazionale sulle aree naturali protette di Torino, l’ultima occasione di ampio confronto e dibattito sul nostro sistema nazionale di parchi e riserve naturali.

4. c’è infine da rilevare che in assenza di una seria valutazione sullo stato delle nostre aree naturali protette le proposte di riforma della Legge entrano esclusivamente nel merito delle rappresentanze negli Enti di gestione, delle procedure di nomina di Presidenti e Direttori, di possibili meccanismi di finanziamento attraverso royalty che rischiano di determinare pesanti condizionamenti nella gestione delle risorse naturali dei territori protetti e nella gestione della fauna attraverso un discutibile quanto inopportuno coinvolgimento del mondo venatorio.

Per questi motivi le sette Associazioni ambientaliste rilanciano l’allarme sul destino dei parchi italiani ed auspicano una opportuna ampia riflessione prima di riavviare il processo di riforma della Legge quadro 394/91, nei tempi e modi opportuni, con l’avvio di un serio ed approfondito confronto sul futuro dei parchi con il solo obiettivo di assicurare una loro gestione più efficace per la conservazione del nostro patrimonio naturale.

Roma, 9 settembre 2013