Ben visibile dal lungolago di Pallanza, l'isola Madre, la maggiore delle tre Borromee, appartenuta al vescovo di Novara, divenne proprietà del conte Lancillotto Borromeo nel 1501. A lungo fu utilizzata come vigneto e ricco frutteto in cui crescevano, come attesta un documento dell'epoca, "naranzi, limoni, cedri e pomi d'Adamo e altre sorti di frutti rari e soavi". Nel 1585 per volontà del principe Renato Borromeo fu completata la costruzione di un palazzo, forse con l'intervento di Pellegrino Tibaldi (1527-1596), architetto di fiducia della nobile casata.Ancora all'inizio del 1700 sull'isola si coltivavano agrumi e vari tipi di alberi da frutto, ma un secolo dopo l'isola incominciò a cambiare aspetto: il principe Giberto, dopo un viaggio in Inghilterra che gli fece conoscere la nuova cultura del giardino romantico, ordinò di far posto a nuove piante ornamentali. Arrivarono e vennero messe a dimora le prime camelie e, in pochi decenni, soprattutto per volontà di Vitaliano IX Borromeo, l'isola si trasformò in un parco ricco di vegetazione rara ed esotica. Il principe ingaggiò esperti giardinieri, fece costruire una grande serra e riuscì così a introdurre e a far acclimatare piante provenienti dall'Australia, dalle foreste himalaiane e dalle zone tropicali e umide del Sud America. Il giro del parco, che occupa una superficie di circa 5 ettari, inizia dal viale Africa, il luogo più soleggiato dell'isola, dove crescono piante come l'Acacia verticillata della Nuova Zelanda, una delle mimose più belle e rare. Dal piano delle camelie, che prende il nome da una bellissima spalliera di esemplari ottocenteschi, si entra nel piano dei gobbi. Il nome di questo prato allude alle radici del Taxodium che sporgono in modo evidente dal terreno. Poco prima del palazzo si entra nel piazzale dei pappagalli, dove questi uccelli vivono in libertà insieme a pavoni bianchi e a fagiani dorati. Di qui, superando la villa, si scende al viale delle palme che costeggia il lago: il clima è così favorevole che alcune palme riescono addirittura a fruttificare. Tra queste, un gigantesco esemplare di Jubaea spectabilis, proveniente dal Cile, ogni anno produce circa tremila piccoli frutti commestibili.