Sorge sulla vetta del monte Pirchiriano a m 962 di altezza. Monumento grandioso, che accosta fabbricati a ruderi, fu ampliato e restaurato più volte nel corso dei secoli: alle primitive forme romaniche si sovrapposero strutture che richiamavano il gotico francese. La più antica costruzione ('sacra' significa 'luogo consacrato') di cui si ha notizia fu innalzata nel 983 per volere del conte Ugo di Montboissier, che realizzava un voto di penitenza: se ne conservano tratti nell'attuale cripta della chiesa. Ma non è escluso che nel sito vi fosse un preesistente sacello longobardo. Punta di riferimento lungo la «via Francigena», cioè il cammino percorso per recarsi a Roma dai pellegrini che dalla Francia varcavano le Alpi attraverso i passi valsusini, l'abbazia si ingrandì progressivamente. Nell'XI secolo possedeva una ricchissima biblioteca di manoscritti; nel XII secolo si costruì la chiesa nuova, poi danneggiata da un incendio nella prima meta del XIV secolo. Cominciò qui il periodo della decadenza: la Sacra passò sotto il controllo del Conte Verde di Savoia nel 1378; l'anno successivo fu trasformata in commenda e nel 1622 fu soppressa. Gli edifici, caduti in rovina, furono restaurati per volere di Carlo Felice e di Carlo Alberto, il quale ottenne che l'abbazia ritornasse a essere luogo di preghiera grazie ai padri rosminiani. Dell'antico complesso si conservano: la chiesa, del XII-XIII secolo con resti della cappella originaria (X-XI sec.), il chiostro, la foresteria, il vecchio monastero con resti del nuovo e delle fortificazioni. Il complesso subì ingenti danni durante il terremoto del 1885 e in seguito fu sottoposto a radicali restauri, condotti con la supervisione di Alfredo d'Andrade. Nel 1994, a coronamento di un'intensa attività di restauro conservativo e di rilancio del luogo come spazio di incontro spirituale e culturale, la Sacra è divenuta il monumento-simbolo del Piemonte. Lasciata l'auto, si prosegue per un breve tratto a piedi, giungendo al piazzale dove si conservano i resti del sepolcro dei Monaci, a pianta centrale, che ricorda la forma del Sacro Sepolcro di Gerusalemme. Percorso il vialetto, si vede sulla sinistra la foresteria, un tempo ospizio per i pellegrini e rifatta in tempi recenti, e si varca la porta di ferro entrando in una torretta, residuo delle antiche fortificazioni. Si raggiunge poi un terrazzo, che offre il panorama della pianura e consente una visione d'insieme sul complesso e in particolare sulle absidi della chiesa (spicca quello centrale con l'aerea loggia a sottili archetti). Si noti la differenza di volumi tra il basamento, poderoso parallelepipedo a linee rette, e le forme curve della chiesa. Dal piano d'ingresso si raggiunge la chiesa salendo lo scalone dei Morti, così chiamato perché lungo le pareti si trovavano i sepolcri dei monaci: sulla sinistra un gigantesco pilone di 18 m sorregge la volta e il pavimento della soprastante chiesa, mentre tutt'intorno sembra che le pareti dell'edificio sorgano in continuità dalla roccia della montagna. In cima al ripidissimo scalone si apre la magnifica porta dello Zodiaco. Scolpita intorno al 1120 dal maestro Niccolò, affiancato da Pietro da Lione e da un terzo anonimo maestro, presenta capitelli figurati con le storie di Sansone di Caino e Abele, e stipiti abitati da figure fantastiche e dai segni dello Zodiaco.