Sul lato est di piazza Prampolini, di origine romanica (secolo IX), rimaneggiato nel tempo, il Duomo sorge su una preesistente costruzione romana: scavi recenti hanno consentito di riconoscere i segni di una cattedrale paleocristiana e portato alla luce un mosaico del IV secolo. La facciata ha una tradizionale foggia a capanna, leggibile negli ornamenti superstiti e animata da archetti pensili e da due grandi occhi, è poi sormontata da un tiburio ottagonale con in nicchia “Madonna in trono col Bambino tra gli offerenti Girodo Fiordibelli e Antonia Boiardi”, in rame sbalzato dorato di Bartolomeo Spani (secolo XV). La struttura, col suo slancio verticale, riecheggia il coevo modello nordico. Gli affreschi di fine ’200 che ornavano il prospetto sono ora conservati al Museo diocesano di Arte sacra. Il rivestimento marmoreo incompiuto, su progetto di Prospero Sogari detto il Clemente, risale al rinascimento, mentre il portale è ornato da due statue di Adamo ed Eva, di ispirazione michelangiolesca, opera del Clemente (1557), come anche S. Grisante e S. Daria nelle nicchie, mentre S. Gioconda e S. Venerio sono attribuite a Prospero e Francesco Pacchioni. L’interno, a pianta basilicale a tre navate, è impreziosito da un coro ligneo del XV secolo, e da significative opere di artisti reggiani del ’500 e del ’600, cui si uniscono oggi arredi di artisti contemporanei commissionati dalla curia. Dal 2011, infatti, le funzioni si svolgono attorno all’altare di Claudio Parmeggiani, per cui ha riutilizzato marmo semilavorato in epoca romana unendo le valenze di mensa (Cenacolo) e di dono della vita (Calvario). Moderni sono anche il candelabro pasquale di Ettore Spalletti, colonna in marmo tagliata verticalmente con pareti interne ricoperte a foglia d’oro, e gli apporti all’ambone di Hidetoshi Nagasawa, che ha realizzato in bronzo dorato il supporto dell’evangeliario, reinterpretazione di sue ali d’aquila, e la scala che vi conduce in marmo di Carrara, una ellisse dai contorni seghettati a simboleggiare una stella. Nella navata destra spiccano, nella terza cappella, il sepolcro marmoreo di Valerio Malaguzzi di Bartolomeo Spani (1510-15); nella quarta le pale d’altare di Giuseppe Cesari, detto il Cavalier d’Arpino (“Visita di Maria a S. Elisabetta” , 1604) e del Passignano (“Annunciazione”, 1606); nel transetto a destra, una grande tela di Orazio Talami, “La cacciata di Eliodoro” (1686); nella cappella di fondo, il monumento del vescovo Ugo Rangone del Clemente (1561-66). Nella navata sinistra si segnalano la cappella di fondo con statue in stucco (Noè, Mosè, Abramo, S. Giovanni) di Paolo Emilio Besenzi (1645 ca.) e il mausoleo del vescovo Bonifacio Arlotti, sempre dello Spani (1508 ca.); nel transetto sinistro una tela di Orazio Talami (1682) raffigura Gesù che espelle i mercanti dal tempio; nella quarta cappella vi è l’elegante decorazione a stucchi di Paolo Emilio Besenzi (1634) e, all’altare, “Assunzione di Maria Vergine con S. Pietro in cattedra e S. Girolamo” del Guercino (1626); nella prima cappella il monumento funebre di Prospero Sogari di Francesco Pacchioni (1588). Altro tesoro sono i busti-reliquiari dei Ss. Grisante e Daria di Bartolomeo Spani (1533-38). Nei Musei Civici si conserva una larga parte di un mosaico pavimentale romanico. La cripta (XII-XIII secolo) mostra volte a crociera sostenute da 42 colonne, con capitelli frammentari in prevalenza quattrocenteschi ed è formata da tre cappelle; la più antica, quella centrale, contiene il sepolcro dei Ss. Martiri Crisante e Daria. Sul percorso tra la cripta e un locale sotterraneo è stato riportato alla luce un pavimento romano policromo (III-IV secolo) con figure geometriche e animali.