Il palazzo, costruito tra il 1637 e il 1639 su disegno di Cosimo Fanzago (suo il fastoso portale), più volte modificato e recentemente restaurato, conserva ambienti neoclassici, mentre il salone centrale è stato ricavato dall'originario cortile utilizzando un'interessante soluzione di gusto Belle Epoque, con lucernari e vetrate multicolori a motivo floreale. È oggi sede del Gruppo Banca Intesa Sanpaolo, che ha scelto di adibire a piccolo e prezioso spazio museale un'ala del piano nobile, le cui sale mantengono deliziosi apparati decorativi realizzati tra il 1830 e il 1890 su richiesta degli allora proprietari, la famiglia del banchiere Forquet. Il percorso espositivo prende avvio dalla sala degli Amorini, dove è esposta una preziosa incisione di Alessandro Baratta che raffigura la città di Napoli nel 1629, pochi anni dopo che Caravaggio, ormai prossimo alla morte, dipingesse il suo ultimo capolavoro, il Martirio di Sant'Orsola (1610, restaurato nel 2003-4). Accolto in un elegante ed essenziale allestimento nella successiva sala degli Stucchi, dal soffitto celeste acceso con le decorazioni in stucco e oro del Sonno e della Notte di Gennaro Aveta, è senza dubbio il gioiello più prezioso della Galleria, realizzato nella tarda primavera del 1610 per il principe Marcantonio Doria, figlio del doge Agostino. Il soggetto della tela, tratto dalla duecentesca Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze, aveva già goduto di una certa fortuna, ma il pittore lo affronta qui in modo del tutto originale: i personaggi sono solo cinque e nel dipinto non c'è nessun riferimento alle undicimila vergini che avrebbero accompagnato Orsola, figlia del re di Bretagna, sotto le mura della città di Colonia assediata dagli Unni, condividendone la sorte fatale. Il quadro conduce lo spettatore nella scena del delitto non nel momento della sua esecuzione, crudele, efferata, ma negli istanti successivi, quando il re unno, vedendo rifiutata la sua proposta di matrimonio a Orsola, ha appena scagliato sul petto della ragazza la freccia assassina. La santa, incredula, assiste al compimento del suo destino con stupefatta dolcezza, quasi a simboleggiare un'impossibile rivolta terrena contro il sopruso, mentre il personaggio all'estrema destra del quadro, ultimo drammatico autoritratto dell'artista, grida al mondo il suo rifiuto del male. Interessante e di forte intensità drammatica anche il particolare della mano in primo piano (emerso durante il recente restauro), che si protende verso lo spettatore, come un estremo tentativo di salvare la giovane dalla morte. La sala degli Uccelli, ornata con motivi ornitologici, amorini e delicate panoplie, raccoglie infine alcune vedute di Napoli e della Campania tra Sette e Ottocento, tra cui la celebre Veduta del Largo di Palazzo dell'olandese Gaspar van Wittel, del XVIII secolo, e un'organica collezione di piccoli olii di Anton Smink van Pitloo, tra i più sensibili interpreti del passaggio tra il vedutismo illuminista e un più moderno paesaggismo di gusto romantico.