Tra i più ricchi e prestigiosi musei nazionali, custodisce soprattutto dipinti italiani di epoca medievale e rinascimentale (in particolare di artisti lombardi, veneti, emiliani), ai quali si aggiungono importanti testimonianze di altre epoche, XX secolo incluso, e di scuole straniere, soprattutto di origine fiamminga e olandese. La collezione fu radicalmente incrementata durante l’impero di Napoleone, quando confluirono qui moltissime opere rimosse da chiese e monasteri – via via soppressi in buona parte dell’Italia settentrionale – e accessibili al pubblico dal 1809. La Pinacoteca divenne ente a sé stante, separata dall’Accademia, nel 1892. La Pinacoteca di Brera è un museo ‘ad alta percentuale di capolavori’. Una visita sintetica potrebbe privilegiare il rinascimento e il primo ’600, a partire dal vertiginoso scorcio anatomico del Cristo morto di Andrea Mantegna e dalla composta tragedia della Pietà di Giovanni Bellini: due opere in dialogo tra loro, come evidenzia l’allestimento firmato da Ermanno Olmi. La maestria nella resa del dramma caratterizza anche Bramante nel Cristo alla colonna e il Caravaggio della Cena in Emmaus, opera costruita con pochissimi elementi: il colore abbassato quasi a monocromo, il dialogo affidato alle mani, la rivelazione a una luce soprannaturale. Decisamente più sereno lo Sposalizio della Vergine del ventunenne Raffaello, icona rinascimentale in perfetto equilibrio tra naturalezza e idealizzazione della scena; mentre la monumentale immobilità della Pala di Federico da Montefeltro di Piero della Francesca, ricchissima di significati simbolici, pare anticipare la pittura metafisica. Tra i dipinti del XIX-XX secolo, infine, spiccano due opere emotivamente agli antipodi: Il bacio di Hayez e la Rissa in Galleria di Boccioni. Il primo, figlio di un’Italia romantica, patriottica e sensuale; la seconda, già futurista nell’animo, giocata sull’agitazione della folla che assiste a una lite tra prostitute nel ‘salotto buono’ di Milano.